Sulla piccola vetrina
E’ un piccolo negozio, fa riparazioni, mette a posto cerniere lampo, cose così. A guardarlo ti chiedi come faccia a resistere, a tirare la fine del mese mettendo in linea i denti di una zip. Poi pensi che forse aiuta stare in mezzo alle due fermate della metropolitana più trafficate del centro di Milano, e forse aiutano quei cartelli che si prendono metà della piccola vetrina, uno che riporta un pezzo del discorso di Pericle agli Ateniesi, l’altro un brano della Repubblica di Platone, forse in un giorno dieci persone si fermano a leggere e di queste dieci forse una pensa che sì, dai, quella borsa posso ancora farla rimettere a posto, poi hai un attimo di lucidità e in quell’attimo realizzi che quei rettangoli di carta non hanno l’aria di richiami, di specchietti per le allodole, stanno vicini a ritagli di giornale che raccontano dei casi di corruzione per l’Expo e d’altra parte, seriamente, tu ti faresti riparare una cerniera perché uno ti legge un pezzo di Tucidide su cos’è la democrazia – ed è in quel momento, nel momento in cui stai per seguire l’onda stabile e sicura del disincanto quotidiano che ti fermi per una frazione di secondo e immagini, anzi speri che quell’uomo che vedi là dietro il banco del piccolo negozio che fa riparazioni e che si vede passare di fronte decine di migliaia di persone ogni giorno senza che una sola si fermi abbia attaccato quei cartelli senza alcun fine che non sia quello di rendere un po’ migliore il posto dove vive, e in quel momento vorresti avere una cerniera rotta, una borsa da non scartare, e entrare.