Walking in Your Footsteps
Stamattina sono in ritardo, però forse ce la faccio a entrare in classe prima che inizi inglese. In fondo al corridoio che porta alla palestra della scuola vedo Ilaria, sta parlando con Claudia e mentre si volta un po’ verso di lei mi vede con la coda dell’occhio, non mi saluta ma lo so che mi ha visto. Mi piace tanto Ilaria, ha un accento che non è di qui, i capelli neri e un modo tutto suo di portarseli indietro, che quando fa quel gesto sembra che le si schiarisca il viso e diventi ancora più bella. Mi piace tanto perché quando parliamo non sembriamo un ragazzo e una ragazza, ma solo due che si conoscono tanto bene e invece Ilaria si è trasferita da poco ed è nella mia classe solo da qualche mese. E poi è alta, Ilaria, e a me questo mi rilassa perché non mi sento in imbarazzo, io sono alto, alto e con i piedi lunghissimi, sono alto uno e novanta e ho il quarantotto e a volte sembro uno portato dal circo dentro una classe di terza ragioneria. Ma Ilaria è alta, non come me, ma abbastanza, e quando si tira i capelli indietro sembra che si avvicini al cielo. Ogni tanto andiamo a mangiare insieme quando finisce la scuola, e parliamo, ci raccontiamo un po’ delle nostre cose, lei mi dice del suo paese da dove è venuta via da poco perché il padre ha trovato qui il lavoro che aveva perso però non mi ha spiegato bene che lavoro fa e ho avuto l’impressione che si vergognasse un po’, io invece le faccio vedere dove vivo perché abito a cinque minuti a piedi dalla scuola, e il panettiere dove ci compriamo la pizza è quello dove siamo sempre andati a prendere il pane e infatti il panettiere quando mi vede arrivare con una ragazza fa finta di non conoscermi così bene ma quando ci torno da solo si mette a ridere e dice carina la tua amica. L’altro giorno stavamo andando verso i laboratori di lingua e Ilaria mi dice senti, ma i tuoi sono alti come te, perchè tu sei proprio una pertica, e guarda che piedi che hai, saranno il doppio dei miei, e io le ho risposto che no, mio padre e mia madre sono normalissimi, anzi mia mamma è più bassa che alta, allora lei ha detto e tu da dove sei venuto fuori allora, ma io non ho risposto e poi siamo entrati nell’aula-laboratorio. E’ che io non lo so da dove sono venuto fuori, papà e mamma qualche anno fa mi hanno fatto sedere e mi hanno fatto un discorso, neanche tanto lungo, per spiegarmi che ero stato adottato ma che io ero il loro figlio e non c’era molto altro da dire, mi volevano bene come se mi avessero fatto loro, non c’era un solo minuto in tutta la vita nel quale pensassero che chi gliel’aveva fatto fare e cose così e io ho continuato a pensare a loro come a mamma e papà, anche dopo quel giorno e quel discorso. Però poi sono cresciuto, sono cresciuto tanto, sono diventato alto come lo sono adesso e mi sono venuti questi piedi lunghissimi, e ci sono giorni che sono sdraiato a letto e mi guardo questi piedi da lontano e allora mi chiedo da dove vengo davvero, mi chiedo com’era mia madre e mi chiedo com’era mio padre, forse era come quello della canzone che papà ascolta spesso, dice che era un bell’uomo e veniva dal mare, magari era lui a essere alto alto. E ogni tanto faccio un sogno, è inverno e io sto camminando su una spiaggia, ho i piedi nudi e i jeans rimboccati sopra le caviglie, e davanti a me cammina un uomo grande e grosso, cammina veloce senza correre, né mi attende né scappa, io gli dico di aspettarmi ma lui va avanti ma è come se volesse farmi capire che se accelero il passo posso raggiungerlo, se alzo la testa vedo le sue spalle, se la abbasso vedo i miei piedi che entrano nelle impronte che lui lascia nella sabbia bagnata, ci entrano bene, significa che i suoi piedi sono più grandi dei miei, cammino proprio dentro le sue impronte e capisco che è papà, il mio papà e allora mi sveglio e ogni volta mi trovo la faccia bagnata e quando vado in bagno e me la asciugo mi dico che sono un cretino perché come fai a piangere perché senti la mancanza di qualcosa o di qualcuno che non conosci. L’altro giorno avrei voluto dire tutto questo a Ilaria, ma non c’era tempo e non sapevo come fare, che parole usare, allora non ho risposto alla sua domanda, lei è entrata nel laboratorio prima di me e ho alzato un po’ le spalle come per dire non importa e sono andato a sedermi vicino a Stefano come al solito. Però magari uno di questi giorni chiedo a Ilaria se le va di mangiare qualcosa prima di tornare a casa e le dico sai che ho fatto un sogno e le racconto di quel sogno lì e le dico che forse lo so perché sono così alto e ho i piedi così lunghi, che forse lo so da dove sono venuto fuori, che mi piacerebbe se lei mi aiutasse a trovarlo perché in due si cerca meglio, allora starò a guardarla mentre si tira indietro i capelli e aspetterò che mi risponda.
November 6th, 2011 at 17:28
mi piace molto.
November 7th, 2011 at 12:07
Molto bello.
November 7th, 2011 at 12:32
A Mr. Tambourine piace questo elemento.