Greetings from Las Vegas 2012 – Fake it till you make it
Forse sto venendo a patti con Las Vegas. Non mi piace, il che significa che preferisco due o tre dozzine di altri posti al mondo; ma ho capito che possiamo convivere. E’ un posto finto, dicono tutti. Lo dicevo anch’io. Eppure, passando dalle ricostruzioni delle rue parigine a quelle delle piazze romane, dai canali veneziani ai laghi comaschi, dai ponti di Brooklyn ai leoni dell’MGM non si fa altro che muoversi da uno spettacolo all’altro. Vero (o falso) esattamente quanto quelli che vediamo in televisione, o al cinema. Passiamo il tempo a venerare il walk-and-talk sorkiniano e a rivedere Patrick Swayze far sbocciare il brutto anatroccolo, idolatriamo quelli che salgono il Mortirolo a venti all’ora e spendiamo soldi per guardare Daniel Craig che si aggiusta i polsini mentre sta per far esplodere una bomba termonucleare, e lo facciamo con giusta convinzione: pensando che quello che abbiamo davanti agli occhi sia il vero? Non scherziamo. Ieri pomeriggio l’albero parlante del Bellagio ha detto “Today I’m here to bring you a smile”, e quando abbiamo sentito quelle parole abbiamo sorriso tutti – tutti: era tutto vero, come erano, come sono vere tutte le cose che stanno qui, con tutta la malinconia che portano dentro di sé i giochi, quelli belli.