Il prossimo viaggio
Ogni tanto penso che sarei stato un buon romano, o buon fiorentino, o un buon shanghaiese. Penso che se mi fosse toccato in sorte viverci mi ci sarei trovato bene – ci sarebbero state cose che non avrei sopportato e mille altre invece che mi sarebbero piaciute. Mi adatto, mi adatto facilmente, mi adatto in fretta. Forse sono solo di bocca buona, quando salgo su un treno ho sempre il Kindle con me, inizio a leggere e non siamo ancora usciti dalla stazione che stacco gli occhi dallo schermo e li piazzo fuori, e mi piace tutto, guardo tutto come un bambino di cinque anni, mi piace guardare la pioggia, se il cielo è grigio rimango affascinato dall’uniformità, e se è azzurro dal contrasto dei colori, mi piacciono i palazzi che danno sui binari, mi piace la pianura nella quale sono nato, mi piacciono i fiumi, mi piacciono i capannoni industriali, mi piacciono gli sfasciacarrozze, le macchine ferme nei campi, le rotoballe, i ponti – e lo stesso succede quando sono in una città, mi piace vedere downtown e i palazzi signorili, mi piacciono le corti, mi piace vedere le periferie (e finire in posti conosciuti solo per lo spaccio di eroina e i vagoni blindati che andavano verso i campi di sterminio), mi piace vedere le luci, le vetrate, le insegne luminose e mi piacciono i marciapiedi sconnessi, i ponti traballanti, i gasometri, le cascine in rovina. Mi è piaciuto morire di umidità a Orlando, sono rimasto a guardare la notte nella stazione della Schnellbahn di Ruesselsheim dove non c’è altro se non la gigantesca sede e fabbrica della Opel e mi è piaciuto pure quello, lo ricordo bene ed è un ricordo piacevole. A volte mi chiedo cos’ho che non va, poi penso al prossimo viaggio.