Per gemmazione
Ho una lista, non particolarmente strutturata, di argomenti che mi interessano, dei quali vorrei veramente saperne di più. Non tanto in termini di cronaca, che pure è spesso il punto di partenza: ne vorrei sapere di più in profondità, per così dire; cerco di farlo, quasi tutti i giorni: mi piace.
Gaza, l’Internet moderna fatta solo di walled gardens, la giustizia riparativa, la dittatura sudcoreana tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta, le teorie economiche sui fallimenti delle nazioni, i miti greci, l’intelligenza artificiale, le guerre del Caucaso. Potrei andare avanti, ma ci siamo capiti. Spero, almeno. Perché sembra una lista fatta tirando fuori palline precompilate da un sacchetto, come si fa con i numeri della tombola: e invece, giuro, sono tutte cose che mi sembrano importanti. Non solo interessanti: importanti e non solo per me, ma per tanti, qui e ora. Anche i miti greci, sì, ché qualche sera fa sono andato a vedere “Antigone” dentro il carcere di Opera e pareva Tebe e la periferia di Milano fossero una cosa sola. Magari lo erano.
Comunque. Prendo libri, li leggo, ciascuno mi porta a un altro libro, la lista si allunga per gemmazione. Quasi tutte le volte, arrivato alla fine di quello che in fondo è un capitolo, uno dei tanti, sento di saperne di più e proprio per quello di saperne di meno. Non è che la saggezza è sapere di non sapere: anche, sì, va bene. Ma è che, soprattutto, non ha limiti ciò che per me, per un piccolo, insignificante omino è bello sapere. Bello, prima ancora di utile. Bello anche perché non è immediatamente utile e probabilmente non lo sarà nemmeno in futuro. E’ una sensazione spesso frustrante, questa di voler sapere e non averne il tempo, non abbastanza. Succede a tutti, almeno a tanti, lo so: succede dalla notte dei tempi. Eppure.