In eccesso sì, a comando no
Carlo Annese ha ripreso su Quasirete il post di questa mattina su Valentino Rossi e sui suoi cantori. Nell’introduzione, Carlo scrive: “Squonk se la prende con i cantori dell’eroe che si costernano in eccesso o a comanda. C’è chi ci chiamava pennivendoli, ma il concetto non è poi tanto diverso.” Ho pensato di non essermi spiegato bene, così ho lasciato da quelle parti un commento che, ottimizzando tempi e sforzi, riporto pari pari qui sotto. Adesso, spero di essermi fatto capire.
Carlo, permettimi un chiarimento che ritengo importante – per quanto possa essere considerata importante la materia. Non ho parlato di costernazione a comando. In eccesso sì, a comando no. Ci tengo, perchè – da normalissimo lettore e telespettatore – almeno nel caso specifico non ho alcun sospetto sulla “moralità” delle persone che ho citato, mentre tu invece scrivi “C’è chi ci chiamava pennivendoli, ma il concetto non è poi tanto diverso.”
Per dire, a me Meda e Reggiani piacciono molto, mi fanno ridere quando cialtroneggiano, non esagerano in tecnicismi, si rivolgono alla grande e molto particolare famiglia dei bikers senza però escludere quelli che le moto le vedono soltanto in televisione. Le gare della 125 e della 250 me le godo proprio.
Sono invece infastidito dal culto della personalità, che ha trovato in Rossi un oggetto/soggetto a volte consenziente e a volte indifferente. Il culto della personalità che poi porta qualcuno a commentare (completamente fuori luogo, come tu hai fatto notare) “Rossi è meglio di Biaggi anche se ha perso, lui è un eroe è l’altro è un mediocre, cicca cicca”. Tutto qui, solo una questione di senso della misura, che renderebbe tutto e tutti più umani, più gradevoli, più “vicini” – anche quel presunto automa di Daniel Pedrosa. Ciao, e grazie.
Quasirete