Pasto completo
Ma voi – parlo di voi cittadini, gente che, come me, è nata e cresciuta e continua a vivere nella metropoli – quando avete visto da vicino per l’ultima volta un operaio [1]?
Perchè nei nostri templi del terziario più o meno avanzato, cattedrali dedicate alle scarpe in anguilla e ai blackberry, incontrarne uno è tanto probabile quanto avvistare una foca monaca. E la cosa è vera non solo se si cammina per le vie del centro, ma anche spostandosi in periferia, e persino nel primissimo hinterland. Così, quando uno si trova ad andare a mangiare in un self-service di una zona industriale, si rende conto con una specie di smarrimento sociologico della ostinata (r)esistenza delle tute blu. Li riconosci subito, guardando le mani – grosse, robuste, screpolate, di un colore generalmente abbastanza lontano dal bianco-neon o dal marrone-lampada che contraddistingue i nine-to-six cittadini – oppure i pantaloni – larghi, impolverati, macchiati – oppure i capelli – attorcigliati, spinosi, schiacciati su un lato e sparati verso l’alto dall’altro.
Ma, soprattutto, li riconosci dai vassoi. Primo, secondo, contorno, frutta e vino. Ci sono tavoli straripanti, tagliatelle e cotolette e patate, mangiati prima nel silenzio di chi sta facendo la cosa più semplice e necessaria del mondo – nutrirsi per sopravvivere – e poi nell’allegria di chi sta facendo la cosa più semplice e necessaria del mondo – divertirsi in compagnia. A noi degli uffici ci guardano come a degli alieni – le insalate scondite, i primi “mezzo piatto, per piacere, non di più”, le acque minerali. E’ un piacere stare ad osservarli, con la giusta discrezione, per rendersi conto che, graziaddio, c’è un mondo di carne e ossa che non è nè migliore nè peggiore rispetto a quello che frequentiamo noi – noi cittadini, appunto – ma non fa schifo, un mondo il cui sudore puzza tanto quanto i nostri deodoranti anallergici.
[1] Ogni tanto, tornando a casa dei miei, entro nella mia vecchia camera. Su un muro è attaccata la copertina di un numero di Time degli anni Ottanta, quella famosa che gridava “Milano!”. Erano bei tempi? Non so.
November 10th, 2006 at 15:54
Bello. Qui a Roma forse è diverso, l'”operaio” che puoi incontrare in giro è quasi sempre e solo l'”edile”. Lo incontri in salumeria, dove sta comprando i panini per tutti, con adeguata fornitura di peroni. (Tu no, tu se bevi un goccio d’alcol in pausa pranzo poi non reggi le successive cinque ore di immobilità al computer).
November 10th, 2006 at 15:58
trattoria in via altaguardia, ci mangio sempre il mio secondo e contorno di ordinanza, acqua e caffe a 8 euro. Edili, operai dell’ AEM o del gas, imbianchini, mista a gente in giacca e cravatta. per il resto, hai ragione su tutto.
November 10th, 2006 at 18:31
l’operaio quando esce di casa noi siamo ancora in fase rem… cmq dalla 5,30 alle 7 l’autostrada bg-mi è tutta loro!!
November 10th, 2006 at 19:00
L’ultimo operaio l’ho visto al bar l’altra mattina. Era un rumeno che aveva probabilmente già 4 ore di lavoro sul groppone mentre io facevo colazione. Ha chiesto un campari, “corretto con quello lì” “con la vecchia romagna?” “sì, sì, quello lì”.
November 11th, 2006 at 10:55
Siete in fase REM, per la precisione.
November 11th, 2006 at 19:09
io sono perennemente in mezzo a ristrutturazioni, e di operai ne vedo eccome… anche di quelli che si portano la “schiscetta” con il pranzo dentro… il contenitore è lo stesso di trenta anni fa ma ora dentro c’è cibo cucinato da mani rumene, marocchine, albanesi, polacche, sudamericane… quelle mani arrossate e con le unghie maltagliate che mi fanno una gran tenerezza. le mani di mio nonno erano così. io mi faccio fare il french ogni dieci giorni. da una brasiliana.
November 13th, 2006 at 11:40
Per un periodo ho lavorato nel settore ricerca in uno stabilimento che per la maggior parte era produttivo, e pieno di tute blu piuttosto tradizionali. Ricordo i tornei di calcio aziendali contro le squadre di operai che erano giovani, e correvano e picchiavano (il giusto).
E alla mensa prendevo anch’io primo, secondo, contorno e frutta (il vino avrei voluto, ma non avrei retto al pomeriggio); a differenza dei colleghi operai, il mio giro vita ne risentiva alquanto.
November 13th, 2006 at 14:10
qui nella desolata provincia fronte autostrata A4 l’operaio si ciba solo di germogli di bambù ed ha la tuta bianca a chiazze nere.
cribbio, ma in che mondo vivete?
November 13th, 2006 at 14:17
offro rarissime fotografie originali operaio metalmeccanico, fede comunista, iscritto fiom-cgil tessera anno 2006.
solo appassionati, trattative riservare, no perditempo.