Il terzo uomo
Non mi ricordo se da piccolo ho mai risposto “l’astronauta” a chi mi chiedeva cosa avrei voluto fare da grande. So però che crescendo sono sempre rimasto affascinato dal terzo uomo, da Mike Collins, dal pilota che rimase in orbita ad aspettare che Armstrong e Aldrin sbrigassero il loro compito, l’uomo che arrivò ad un passo dal “giant leap for mankind”, e che quel passo lo vide fare ad altri. Mi sono sempre chiesto se in lui era più forte l’invidia per i due colleghi o l’orgoglio per essere il terzo e comunque indispensabile elemento dell’ingranaggio, se la tristezza di non aver potuto camminare sulla Luna era più che compensata dall’enorme e incredula soddisfazione dell’essere lì dove nessun altro era mai stato. A suo modo, Collins è stato un eroe – e forse continua ad esserlo: e non credo di essere l’unico che avrebbe comunque fatto mille volte cambio con lui.
Rimbalzi (thanks to LaPupa)
July 20th, 2009 at 16:57
Penso basti l’essere parte dell’impresa. Almeno per me.
July 20th, 2009 at 18:52
Se vedesse in quale palazzetto di buona borghesia di via Tevere (Roma) è nato Collins, converrebbe che probabilmente si sia pubblicamente accontentato, ma in segreto abbia sempre sperato in un qualche malanno che tratteneesse Aldrin a terra. Non Armstrong che era un predestinato.
July 23rd, 2009 at 15:51
A me pare molto il Paperino della situazione. Anzi, più Wile E. Coyote.
L’unica sua speranza era quella che il LEM non si rialzasse più e lui tornasse da solo. In quel caso sarebbe stato l’essere umano più vicino alla Luna in grado di poterlo raccontare, invece sono tornati anche gli altri due con racconti certamente più emozionanti.