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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

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    08/06/2005

    Quando gli adulti fanno oh

    Filed under: — JE6 @ 10:55

    Dici: ‘E’ faticoso frequentare i bambini’. Hai ragione.
    Aggiungi: ‘Perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, scendere, piegarsi, farsi piccoli”. Ti sbagli.
    Non è questo l’aspetto più faticoso. E’ piuttosto il fatto di essere costretti a elevarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Di stiracchiarsi, allungarsi, sollevarsi sulle punte dei piedi. Per non ferirli.

    J.Korczak, su Buba, 27 maggio

    Basta aver pazienza

    Filed under: — JE6 @ 09:36

    Pur lavorando in un anfratto del settore, non finisco di stupirmi nel leggere articoli che spacciano per cambiamenti epocali quelli che, in realtà, sono dei semplici aggiustamenti di tiro necessari per la temporanea sopravvivenza.
    Per dire, Luca Ventura su Italia Oggi attacca così il suo pezzo sui cambi di tendenza nella pubblicità americana: “L’era metrosexual è conclusa, si prepari la ribalta per il ritorno del maschio retrosexual”. Perbacco. Tradotto in italiano, questo cosa starebbe a significare? Ventura prova a chiarirlo così: il messaggio degli advertiser americani non potrebbe essere più chiaro: “non sentitevi in colpa se non avete passato la giornata a curare unghie, muscoli e chiome; se videogame, donne e serate gogliardiche (sic) con gli amici vi hanno preso tutto il vostro tempo a disposizione sappiate che la vostra specie è tutt’altro che in via d’estinzione”. Ah, ecco. E, se serve un esempio concreto: “un altro caso esemplare è rappresentato dal nuovo web-commercial della Levi’s, in cui il protagonista, un pupazzo alla Big Jim risucchiato in un mondo fatto di cerette al petto, pedicure e bar che servono solo birra light, trova finalmente sollievo dentro un paio di virili e veraci jeans Levi’s”.
    Non sembra che l’articolista venga preso dal dubbio che il mondo moderno cambia in fretta, ma non così in fretta da trasformare un maschio occidentale in un clone di David Beckam prima e in un emulo di Adriano Pappalardo poi nel giro di due soli anni; e nemmeno che le agenzie, spesso, cambiano i modelli da proporre ai clienti solo perchè ormai quei modelli non riescono più a distinguersi, a farsi ricordare per una qualche loro particolarità: se il mondo degli spot è fatto di soli Beckam, Pappalardo fa la sua porca figura, e metà del lavoro è fatto.
    Invece, tutto questo viene presentato come l’esempio di un grande mutamento dei costumi sociali. Certo, come no. Si può anche far finta di crederci; e, invece di sbattersi per essere glabri alla Beckam negli anni pari e irsuti alla Pappalardo in quelli dispari, basta sedersi sulla riva del fiume, avere pazienza ed aspettare. Prima o poi (più prima, di sicuro), i guru di Madison Street, nel loro affannato correre, vi passeranno davanti, si fermeranno un attimo, vi squadreranno per bene e diranno: ecco il mio nuovo modello. Almeno per un anno sarete a posto.
    Italia Oggi (a pagamento, sorry)