La schiena dritta
Una lettrice mi ha scritto, nei commenti a questo post: “Lei ha la schiena dritta“. Non ho potuto non ringraziare. Ma ho ricordato alla gentile e lontana amica che ho passato l’estate a leggere e rileggere Primo Levi – apparente esempio di fermezza e dirittura morale – trovando, nella lucidità che questo enorme scrittore portava con sè come patrimonio e forse anche come peso, la conferma che la “schiena dritta” è, in parte molto maggiore di quanto siamo abituati a pensare, frutto di quel che possiamo chiamare di volta in volta caso, fortuna, destino: la sliding door che ci porta in pasto o ci allontana dall’occasione che fa l’uomo ladro. Poi, certo: ci sono la volontà, l’educazione che si è ricevuta e che ci ha formati, la ricerca consapevole di un obiettivo “buono”: ognuno di noi è artefice di una parte di se stesso e di ciò che questo se stesso combina nella vita. Però la luna oppone al suo lato illuminato una faccia buia: e quella schiena che ci vantiamo di saper tenere dritta, quanto facilmente si potrebbe piegare e persino spezzare al solo girare della fortuna che – abbiamo abbastanza esperienza di vita per non saperlo – può prendere le sembianze di un salvatore in colbacco come quelle di un demonio con le mostrine a forma di teschio.