Greetings from York ’09 – Evensong
Non c’è molta gente dentro lo York Minster, in una sera di un giovedì di novembre: i turisti aspettano quel poco di caldo che queste terre offrono durante l’anno. Così, riusciamo a trovare posto negli scranni di legno intarsiato del coro della cattedrale. Ci alziamo all’entrata della corale, ci risediamo al segnale dell’officiante, e poi pare che tutti socchiudiamo gli occhi quando i sedici ragazzini e la dozzina di adulti vestiti di bianco e di rosso iniziano a intonare i salmi. Fisso un bambino che avrà forse sette anni, piccolissimo e con gli occhiali che cerca spasmodicamente di non perdere il filo della lettura, osservo i due tenori che siedono un metro davanti a me modulare un controcanto sfogliando lo spartito. Come due anni fa sempre qui a York, come qualche mese fa nella Westinster Abbey a Londra, sembra che non ci sia altro al mondo che queste voci, che riempiono tutto. Mi trovo a pensare che non serve essere credenti per godere di tutto questo, esserlo aiuta di sicuro a trovare qualcosa di trascendente e inspiegabile e ineffabile, ma c’è anche una bellezza – la bellezza di mille anni di storia, la bellezza di una tradizione e di una dignità – che è di tutti, e non coglierla non è un segno di quella laicità che in tanti difendiamo quasi per partito preso, è solo mancare di un pezzo, e non rendersene nemmeno conto.