You come and go, you come and go-oh-oh
Scendo la lunga scalinata cacciando le mani infreddolite in fondo alle tasche dei jeans. Intorno ci sono un milione di persone che si muovono, quelle che comprano i biglietti, quelle che corrono verso la metropolitana, quelle che si perdono, quelle che cercano un taxi, quelle che abbordano, quelle che si fanno abbordare, quelle che guardano sorridendo, quelle che salutano. Sono quasi arrivato quando dal ronzio di fondo sento alcune voci sgraziate che emergono dal profondo di un decennio lontano, lustrini e obiettivi flou; mi fermo, un piede su uno scalino e uno su quello sottostante, mi volto, e loro sono lì, due seduti su una panca di marmo e due in piedi, e ridono, e fumano, e uno passa una bottiglia a un altro, e non sembra che abbiano freddo anche se hanno giacche a vento sporche e vecchie e suole liscie e scollate, e cantano. Riprendo a scendere, mi metto a ridere, la strofa di Karma Chameleon sfuma mentre arrivo all’ingresso della metropolitana.