Due candele
Il giorno prima della fine, la lattaia entra nel piccolo magazzino del negozio nel quale ha passato quelli che sembrano tanti anni e provato a tirar su un figlio. Fruga negli scaffali ormai vuoti, muovendosi nel buio con la sicurezza dell’abitudine, fino a quando trova due candele abbandonate lì chissà quanto tempo prima. Tornando nei pochi metri quadri del negozio a una sola vetrina infila la mano nella tasca del grembiule bianco, scosta un pacchetto di sigarette appena aperto ed estrae un accendino. Fuori è buio, non è ancora l’ora dei rientri dal lavoro, il lungo marciapiede è vuoto. La lattaia appoggia le candele sul banco e muove due passi fino a fermarsi sulla soglia. Si guarda intorno, a destra i due grattacieli in ristrutturazione, a sinistra la grande sagoma illuminata del centro commerciale. Rientra, accende le due candele, fa cadere qualche goccia di cera per farle rimanere dritte sul banco vuoto dal quale qualche ora prima ha tolto la zuccheriera. Sposta veloce lo sguardo per non farlo fermare sull’interruttore della luce che è stata staccata durante il fine settimana. Dall’altra tasca del grembiule tira fuori un foglio piegato in quattro, lo stende, lo rilegge per essere sicura di aver capito bene, per memorizzare l’orario in cui l’ufficiale giudiziario si presenterà per prendere possesso di quel buco polveroso che avrebbe dovuto darle da vivere. Ripiega il foglio, lo ripone nella tasca, torna sulla porta di ingresso, quella dietro la quale stava la macchina per fare i coni di panna montata. Una delle dottoresse che lavora nella farmacia a pochi metri di distanza esce per andare a prendere qualcosa nella macchina parcheggiata davanti a quello che anni prima era il negozio del fruttivendolo. La lattaia fa un cenno di saluto con la testa.