Greetings from San Francisco – Love me like you did before
Columbus Avenue ha i cartelli verdi con le scritte bianche che dicono “Corso Cristoforo Colombo” e sui pali della luce c’è disegnato – come sempre – il tricolore, perché questa via lunga che va in diagonale come Broadway taglia il quartiere degli italiani, che si vede che qualcosa di buono han fatto. Mi fermo davanti alla chiesa di San Pietro e Paolo, vedo le bandiere americane e quelle italiane e i festoni perché è Columbus Day e allora entro nell’oratorio dove vendono zucchero filato e popcorn e Italian sausage, dove c’è la riffa e si vendono le magliette “FBI – Fully Bodied Italian” e le spille “Italians – and the others who want to be” e l’omone che sta dietro al banco ti chiede da dove vieni, my father comes from Lucca e tu ti senti un po’ a casa e un po’ no, come se incontrassi per la prima volta parenti dei quali hai solo sentito fare il nome ma non hai mai visto la faccia. Nell’angolo verso Columbus c’è un gruppo che suona, sono in cinque e ci danno dentro e non sembrano gente da chiesa e chissà dove e come li hanno trovati; a me pare di tornare nel parcheggio del Tropicana di Las Vegas, ché la scena è abbastanza simile e infatti anche questa volta rido perché quando iniziano “Love me like you did before” di Mink deVille vedo un bambino dai lineamenti asiatici scendere di corsa dalla sedia, e sua madre lo guarda e ride anche lei perché lo vede andare da tutti gli adulti della prima fila e alzare la manina e far segno di battergli il cinque, e lo fanno tutti, e quelli suonano e questi giocano, basta poco a volte, basta questo, quattro quarti e un riff e due cori, amami come facevi un tempo.