Greetings from Ljubljana 2011 – La moneta e il coro
C’è un ponte, si chiama il ponte dei ciabattini, che è quello dove la gente di qui va a suonare, e va a sentir suonare. Passo mentre un trio jazz suona gli ultimi pezzi della sua serata, nel frattempo arrivano tre ragazzi, con la barba e i capelli lunghissimi e gli strumenti sotto braccio, sono quelli che suoneranno dopo, tra una mezz’ora forse, mi giro per guardare gli spettatori, una coppia sulla cinquantina, due ragazze bionde che si passano una sigaretta, e una ragazza dai capelli scuri con gli occhiali dalla montatura grossa che le coprono mezza faccia seduta in equilibrio sulla balaustra del ponte che tiene il tempo con la testa, e quando giro la testa vedo uno dei tre ragazzi con la barba e i capelli lunghi che sta tornando verso i suoi compagni, è vicino alla custodia del sassofono del trio jazz adagiata sull’asfalto per raccogliere le monete dei passanti, lui fa un gesto rivolto ai tre che stanno suonando, si mette la mano sul cuore e sorride e mi piace pensare che sia andato a mettere un euro in quella custodia, come un segno di fratellanza tra artisti di strada, e il contrabbassista ricambia con un cenno della testa. Lascio il ponte, faccio venti o trenta metri, abbastanza per perdere le note che vengono dal ponte, mi avvicino a una pizzeria sulla riva destra del Ljubljanski, c’è silenzio, e da questo silenzio improvvisamente viene fuori un canto alpino del quale non posso capire le parole ma solo seguire la melodia ripetuta tre volte, sono otto uomini vestiti di loden verde, sembrano un coro e cantano come se lo fossero davvero, sono seduti a due tavoli quadrati affiancati, ognuno ha davanti a sè un bicchiere bevuto a metà, io mi fermo, si ferma un uomo in bicicletta e un altro che tiene un bambino piccolo in braccio, si girano i clienti degli altri tavoli smettendo di mangiare, si fermano tutti ad ascoltare questi due minuti incongrui, dal locale che sta a fianco della pizzeria arriva il solito centoventi battute al minuto ma questi otto sono più forti di tutto e quando finiscono applaudiamo, io e i clienti con la pizza a metà e il signore in bicicletta e l’uomo con il bambino piccolo in braccio, un signore da un tavolo grida bravò, loro fanno un sorriso quasi sorpreso, come se per loro fosse normale andare in pizzeria e cantare come angeli, e forse per loro lo è, ognuno riprende il suo bicchiere e beve un sorso, i clienti tornano a mangiare, noi ce ne andiamo via come se nulla fosse successo, perché queste cose non succedono per davvero.
September 21st, 2011 at 13:59
SIr, ma come si può fare per fare in modo che io vado — putacaso — a lubiana, e là rileggo il suo post onsite?
esiste una letteratura geolocalizzata?
September 21st, 2011 at 18:48
Se io solo avessi capito cosa sta dicendo, sa (non so, sarebbe una bella idea, qualcosa che tu arrivi in un posto e leggi delle cose che hanno a che fare con quel posto. Oddio, a pensarci bene: bella, non so mica)
September 21st, 2011 at 21:49
in ogni luogo si può scorgere il battito di un ciglio e la lacrima di gioia!:))