Stories of the Bund – Mi manchi (ma quanto?)
Faccio il conto degli italiani con i quali ho avuto a che fare negli ultimi giorni. Una quindicina, grosso modo. Colleghi, clienti, gente con la quale parli davanti alla macchinetta del caffè o nella hall di un albergo – da quanto sei qui, adesso parto per Melbourne, proviamo a sentire il nostro headquarter di Singapore. Faccio il conto di quanti hanno parlato delle elezioni: quattro, dei quali tre per dire che erano un buon motivo, del quale non avevano peraltro nessun bisogno, per confermarsi nell’idea che percaritadiddio, di tornare non se ne parla proprio. Il quarto aveva nella voce solo sconforto. Ma gli altri, ecco, sono gli altri che mi incuriosiscono. Quelli con i quali passo la maggior parte del tempo, gente giovane venuta in Cina per studiare e che poi ha trovato un’occasione di lavoro, e qui ha deciso di restare. Hanno nostalgie proustiane, sentono la mancanza di una spiaggia, della pennichella del sabato pomeriggio, di un angolo in riva al Po, persino di un pranzo in famiglia: non gli manca il loro Paese, quello con la maiuscola, lo sentono come una cosa distante da loro, anzi non lo sentono nemmeno. Elezioni, hai detto? Ah sì, ho sentito. Sai, mi sa che prendo un paio di giorni, li attacco al weekend, in quattro ore sei in Thailandia, ho bisogno di un po’ di riposo.