Il mercatino delle rose
E’ quasi l’una di notte quando, davanti all’ennesimo chiosco di fioristi aperto e illuminato che neanche al carnevale di Rio, gli dico che mi affascina questa cosa di Roma, quanti sono, e sempre aperti. Lui, accelerando, prova a smontarmi la poesia, guarda che non si spiega mi dice, l’unica ragione è che spaccino, come vuoi che si mantenga tutta ‘sta gente vendendo fiori. Anche se non mi vede faccio sì con la testa, e però è bello vederli, a Piazza Vittorio, a Colle Oppio, poco dopo Ponte Flaminio, here there and everywhere, ed è bello pensare che un insonne possa andare alle quattro del mattino e comprare una pianta, che uno approfitti di un whisky di più per non soppesare tutti i pro e soprattutto i contro e si fermi a scegliere un mazzo di fiori di cui non conosce il nome, allora questo è l’indirizzo, vai lì, non troppo presto, però non oltre questo orario perché altrimenti non la trovi, ce l’hai un bigliettino con una busta, questo è l’indirizzo, no non firmo, va bene così, è bello pensare che il mattino dopo da qualche parte qualcuno apra la porta di casa o si senta chiamare dalla collega della segreteria, questo è per lei, e non importa se si metterà a ridere o si scioglierà di struggimento o sbatterà quella dozzina di fiori direttamente nella pattumiera o cercherà di sfuggire allo sguardo ironico di una coinquilina o di un intero ufficio – è il pensiero quello che conta, dicono.