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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

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    23/07/2003

    Filed under: — JE6 @ 09:06

    Di bombe, spari, paure e ricordi
    Io non ero a Genova, per il G8. Quel weekend l’ho passato tra autostrade ed aeroporti. Ciò che so e che non so dipende dai mass media, quelli “mainstream”, quelli della cui correttezza tanti dubitano.
    Non ho voglia – non sono proprio dell’umore giusto, di questi tempi – di rivangare, di analizzare i pestaggi nelle scuole e gli assalti dei black bloc, i limoni finti del Cavalier Silvio Banana e le zone rosse.
    Però, c’è chi lo fa per me. E mi tira fuori ricordi, ed i ricordi – come i sogni – non li puoi controllare: vengono a galla, e ti entrano nello stomaco senza chiedere il permesso.
    Mio padre era carabiniere. Lo è ancora, a dire il vero, perchè i carabinieri rimangono tali a vita, e papà è in buona salute, grazie a Dio. Mio padre era carabiniere anche nel Sessantotto, e lo è stato anche in tutti gli anni a seguire. A Milano, un posticino tranquillo, come molti di voi sanno.
    Io non so cosa ricordate di quegli anni. Io ero piccolo, ed i miei ricordi sono nitidi nelle sensazioni e confusi nei dettagli. Ma ricordo che mio padre usciva di casa prima dell’alba, e rientrava a notte fonda, e passava giorni interi a fare un servizio chiamato “di ordine pubblico”: in altre parole, decine di ore seduto su un camion, a presidiare piazze e viali nelle quali scorrevano le manifestazioni di quei giorni di cui io so solo per aver letto sui libri, a prendersi anche insulti e sputi.
    Ricordo, saranno stati i primi anni Settanta, con quanta fatica mia mamma tentava di dissimulare la tensione quando si faceva sera, e mio padre tardava a rientrare a casa, e mi raccontava storie e mi leggeva fumetti perchè un bambino di sei anni lo devi proteggere, e come fai a spiegargli che le strade della città dove vive sono piene di pistole e spranghe.
    Ricordo quella sera d’inverno, avevo dieci anni ed ero seduto sul divano insieme ai miei genitori a guardare la televisione. Ricordo che sullo schermo passò una fotografia, sapete, di quelle in bianco e nero, le fototessera le chiamano, ed era un volto che io non avevo mai visto. Ricordo che mia mamma sbiancò, e balbettò “Ma quello è Antonio” e sì, era proprio il suo cugino Antonio, carabiniere anche lui, saltato su una bomba dopo aver fatto sgombrare la piazza. Antonio, che è rimasto vivo per miracolo, che ha impiegato quindici anni per tornare ad una vita quasi normale, che ha il corpo pieno di schegge troppo piccole per essere estratte, che immagino, provando a sorridere della cosa, che suona quando passa sotto un metal detector e si schermisce dicendo “Sa, sono l’uomo bionico”.
    Io so di essere stato fortunato, troppo piccolo sia per il Sessantotto che per il Settantasette, non ho potuto “vivere da protagonista” (ma quanti, poi, lo hanno fatto veramente?) quei giorni, quegli anni. Ma so di aver provato, nel piccolo del mio essere bambino, nel piccolo delle quattro mura della mia casa di periferia di Milano, una sensazione che si chiama paura.
    So che se mio padre si fosse trovato su una camionetta, solo ed in mezzo a decine di ragazzi urlanti e mascherati, solo e di fronte ad un ragazzo che sta per tirargli un estintore addosso, so che se mio padre avesse sparato ed avesse colpito quel ragazzo, io sarei stato con lui. Vaffanculo, Carlo Giuliani, piango la tua morte, piango che tu non possa girare mano nella mano con la tua fidanzata, piango l’osceno dolore di tua madre e tuo padre, sputo su chi ha creato uno stato di guerra dove guerra non doveva esserci, ma io sarei stato con mio papà.

    37 Responses to “”

    1. Effe Says:

      E’ un discorso difficile. E doloroso. Hai avuto coraggio ad affrontarlo in questi termini. Se permetti, approfondirò via mail, ché qui sono Effe, uno che la vita non può prenderla sul serio per contratto. Ti dirò solo che anch’io, per un anno, sono stato sulle strade con una pistola al fianco. Anch’io ho fatto ordine pubblico. Certo, non nel 68 o a Genova. Ma ho visto qualcosa dall’altra parte della barricata. Ci sono molte, tante cose che non vanno anche lì.
      No, io non avrei sparato. E forse nemmeno tuo papà

    2. emanuelazini Says:

      Completamente d’accordo su tutta la linea. Io darei anche un vaffanculo a chi ce l’ha mandata quella camionetta lì in mezzo, con dentro dei ragazzini, inesperti. Tuo padre, con la sua esperienza, forse non gli avrebbe sparato.

    3. utente anonimo Says:

      Le poche finalmente vere, di parole, fra le tante insensate o retoriche che ho sentito sulla faccenda.

    4. blackcat Says:

      Difficile fare un’analisi scevra da coinvolgimenti. Certo sarei stata anch’io con tuo padre, Squonk. E avrei anche sparato per difendermi. Senza grosse esitazioni. Una minaccia è una minaccia, c’è poco da fare. Temo che se non ci fossero state possibilità di lesione alla persona, nessun agente avrebbe fatto alcunchè. Certo, ci sono gli esasperati in ogni parte, in ogni fazione. Se Carlo avesse manifestato pacificamente, senza minacciare con un estintore in testa (che fa male, cavolo) un altro UOMO, oggi passeggerebbe mano per mano con la sua fidanzata. So che mi tirerò addosso le ire di mezzo mondo, ma io la penso così.

    5. jorma Says:

      “La responsabilità – ha detto Giuliano Giuliani in un’intervista (il padre) – io la attribuisco a chi ha organizzato e gestito l’ordine pubblico, a chi ha lasciato liberi i cosiddetti black bloc di fare quello che hanno fatto a Genova: non ne hanno fermato neanche uno”.

      a parte il caso Giuliani a Genova ci sono stati dei polizziotti che hanno fatto dei pestaggi indiscriminati (diaz e Bolazneto) e chi li ha guidati e autorizzati sono gli stessi responsabili della morte di Carlo

    6. blackcat Says:

      Chissà come mai Gandhi non è mai stato pestato da nessun poliZZiotto…

    7. jorma Says:

      nel mio commento precedente la parte tra virgolette e’ di Giuliani, le righe dopo sono mie

    8. jorma Says:

      Gandhi e’ stato pestato (anche se i polizziotti con due zeta non so dove li ho trovati)

    9. Zu Says:

      Ancora una volta ci si riduce al singolo episodio, che per quanto grave può essere frutto di tremendo errore umano in buona fede.
      Lo scandalo vero invece è nelle forze dell’ordine cui viene impartito il comando di attaccare il corteo (questo è successo in diversi punti della città). Attaccare gente pacifica senza alcun motivo evidente!
      P.S.: io non c’ero, ma tanti amici di diversa estrazione e di diverse generazioni mi raccontarono le cose viste dal basso, dal vivo, dal vero.

    10. jorma Says:

      concordo con Zu! (magari non si era capito ma volevo dire quelllo che ha detto lui!)

    11. blackcat Says:

      Infatti. L’attaccare senza motivo è, da ognuna delle due parti, sbagliato. Solo che, come si poneva l’accento sulla legittima difesa, farsi scudo alle offese mi sembra più che legittimo e giusto. Anch’io ho la facoltà di non far mai capire quello che voglio dire. La mia lite con la lingua italiana temo proseguirà sino alla mia morte, tsk.

    12. Shangri-La Says:

      Senti Squonk, ma tu l’hai mai vinta una bambola alla Befana del Carabiniere? A me capitava sempre il pallone da calcio e poi piangevo come una fontana. Facciamo cambio? :-))

    13. Squonk Says:

      Sai che non mi ricordo? Ma salire sull’autoblindo di cui mio padre era pilota mi faceva sentire un re. Ero un bambino, maledizione.

    14. Effe Says:

      Attinenze pericolose… (c’è sempre un passato militare a giustificare il presente di un blogger?)

    15. gilgamesh Says:

      Accidenti, che bel post e che bei commenti.
      Nemmeno io ero al G8, però ho parlato con amici che c’erano.
      Da tutt’e due le parti della barricata.
      È curioso, sarà per questo, ma mi trovo d’accordo in ugual misura con tutti, con Squonk e con Effe, con Jorma e con Zu, e pure con BlackCat. Da punti di vista diversi, si può giungere a conclusioni simili.
      Vorrei solo aggiungere che ho letto non molto tempo fa un bel libro, ambientato a Genova durante il G8. Scritto da Stefano Tassinari, si intitola “I segni sulla pelle”. M’è piaciuto parecchio. E l’autore, dopo la presentazione alla Feltrinelli, a Bologna, qualche mese fa, dove ho fatto un breve intervento nel dibattito che è seguito, m’ha fatto pure una bella dedica, della quale vado abbastanza fiero.
      Gilgamesh

    16. gilgamesh Says:

      Io invece a Genova c’ero per il semplice motivo che ci abito. Squonk: ti voglio bene.

    17. gilgamesh Says:

      Mitì carissima,
      hai letto la posta di oggi? :o)
      Gilgamesh

    18. utente anonimo Says:

      Ah, circa il Mahatma Mohandas K. Gandhi, sempre benedetto sia il suo nome, fu picchiato solo una volta, da giovanissimo in Sudafrica, da un policeman inglese, e in maniera lieve.
      La resistenza passiva e la disobbedienza civile sono forme molto efficaci di non-violenza, che rendono decisamente difficile una risposta violenta, in una nazione civile. A Genova, mi spiace dirlo, anche tra i cosiddetti “disobbedienti” di veri e autentici non-violenti se ne son visti abbastanza pochi :o(
      Gilgamesh
      PS: Splinder oggi è più capriccioso del solito.

    19. gilgamesh Says:

      E’ anche vero che il Mahatma disse a suo figlio: se qualcuno cerca di uccidermi, uccidilo (più o meno). Io a Genova non ci sono stato. Non ho mai pensato che il “tutti e Genova” fosse una buoan cosa. Sarebbe stato più intelligente fare molte picocle manifestazioni.

    20. utente anonimo Says:

      No, la frase esatta è “Se incontri il Buddha per strada, uccidilo”.
      E non la disse al figlio, ma al nipote, Nehru. E ha un significato simbolico e metaforico.
      Gandhi era davvero una grande anima (Mah Atma in sanscrito) non avrebbe mai esortato nessuno a commettere violenza, nemmeno per difendere la propria vita, ed era coerente fino in fondo.
      Qualche volta le grandi manifestazioni servono, quando sono colorate e pacifiche.
      Poco senso avrebbero avuto tante piccole Woodstock, non credi?
      Peace & Love
      Namaste
      Gilgamesh

    21. utente anonimo Says:

      Non ho tempo di commentqre come il post meriterebbe, dico solo che la responsqbilità della morte di Carlo Giuliani è soprattutto di Carlo Giuliani. e maledettq tastiera français.
      Bravo Squonk.

    22. utente anonimo Says:

      Io capisco perfettamente Sir Squonk, citerei anche Pasolini che pensava che nelle manifestazioni fosse assurdo schierare i poliziotti contro gli operai e gli studenti dato che lottavano per gli stessi diritti, giacché non credo che a far barricate nei cortei mandino gli alti ufficiali dell’esercito… Sono però anche convinta, anche per esperienze personali, che capiti troppo spesso che una divisa faccia montare la testa a ragazzi forse troppo giovani e inesperti. Io sono comunque contro le armi, sempre, perché penso siano troppo difficili da gestire. Penso che non sia facile nemmeno per un tranquillo carabiniere portarsi uno strumento capace di uccidere in vita, ti carica di ansia e responsabilità, ma noto che invece per molti ragazzi è sinonimo di onnipotenza e giustifica qualsiasi azione… che centri ancora una volta il caro vecchio immaginario tramandatoci dal “fantastico” cinema holliwoodiano??

    23. astolfo Says:

      …scusi Sir Squonk, mi ha già ripreso una volta ma sono sempre troppo prolissa!!

    24. astolfo Says:

      (5) Un’azione simbolica, di quelle che secondo me hanno poco senso. Poteva funzionare come esperienza per chi c’era, forse. Capire le proprie reazioni di fronte alla paura. Niente è davvero inutile, ma le ambizioni mi parevano altre, all’inizio. Intanto Carlo Giuliani veniva ucciso. Non so come concludere. Forse non c’è conclusione, solo del lavoro da fare per chi ci crede, degli obiettivi da raggiungere concretamente, senza giudicare quello che hanno fatto gli altri se non appunto in un’ottica concreta: bene, la polizia ha sbagliato, che cosa facciamo perchè la prossima volta non succeda? O a qualcuno piace fare sempre la vittima? (FINE)

    25. astolfo Says:

      (4) E poi mancava la preparazione. Per fare resistenza nonviolenta occorrono mesi di training, per una cosa così grande forse bisognava partire uno o due anni prima.
      Alla fine, però, sono andato a vedere che cosa succedeva. Mi interessava appunto la lotta nonviolenta. Per questo sono andato dove c’erano i pink, in via Assarotti e piazza Manin. Poi mi hanno detto che i nonviolenti “duri e puri” (chiamiamoli così) erano al Portello. Allora sono andato lì, col cuore in gola perché a Manin era già successo il casino con l’arrivo della polizia a inseguire i cosiddetti black block, che adesso stavano percorrendo Circonvallazione. Io li avevo superati, ma avevo paura che scendessero al Portello e che la polizia cominciasse a menare tutti indiscriminatamente. Comunque, arrivo al Portello e trovo un triste sit-in. Poche centinaia di persone che cercavano di impedire il passaggio di un varco della zona rossa. (CONTINUA)

    26. astolfo Says:

      (3)Certo, non condivido chi sceglie di fare il carabiniere, ma non mi nascondo che i carabinieri e la polizia esistono anche per la paura di chi carabiniere non è e pure si fa difendere da loro. Non riesco a isolare le forze dell’ordine dal sistema che le produce, se ci sono responsabilità sono di tutti, anche della vecchietta con quel bel sorriso che vuole andare al mercato senza essere scippata. Vorrei forse che la vecchietta si rendesse conto che i carabinieri comunque prima di difendere lei difendono altri interessi, ma questo è un altro discorso. Quindi su quelle giornate preferisco dare un giudizio politico, dal mio punto di vista. Non ho partecipato alle manifestazioni come militante. Non mi aveva convinto la preparazione della protesta, anche da parte dei gruppi esplicitamente nonviolenti: mancavano i presupposti indicati da tutti i manuali, in primo luogo un obiettivo raggiungibile, chiaro, condivisibile. (CONTINUA)

    27. astolfo Says:

      (2)Ma il giorno di cui si parla qui è il 20. Prima i ricordi, poi le riflessioni. Alle 18 sono passato da piazza Alimonda per andare a casa e ho visto il cadavere di questo ragazzo ancora anonimo (si diceva fosse spagnolo, si diceva fosse stato un sasso). Era verde in viso. Sono rimasto lì finché non lo hanno portato via. Non avevo mai visto una persona morta di morte violenta. La polizia cercava in maniera molto goffa di non far vedere il corpo, di non farlo fotografare. Quando sono arrivato a casa incontro un mio vicino, amico d’infanzia, che mi dice che hanno fatto bene a ucciderlo. Non gli ho detto niente, ma mi veniva da vomitare. Non metaforicamente, proprio a pensare al cadavere. Mi veniva da piangere. Tutto questo, però, è esperienza personale. Non c’entra la politica. Non cadrò nella trappola di cercare chi aveva ragione in questa tragedia. (CONTINUA)

    28. Hurtaly Says:

      (1) Comincio e non so come finirò. Io a Genova c’ero. Ci abito. C’ero giovedì 19 e fu una bella manifestazione. Non ho partecipato ai convegni durati tutta la settimana e di cui si è persa memoria mediatica, ma che forse sono quelli che segneranno di più il futuro. Sabato 21 ho fatto venti minuti di corteo in corso Italia, poi sono partito per la montagna, perché avevo promesso a mia moglie di non scendere in piazza quel pomeriggio. Ero a metà del corteo, ricordo che c’erano molte bandiere di Rifondazione. Se avessi proseguito sarei finito dritto nel massacro che c’è stato a partire da piazza Rossetti, con i manifestanti inseguiti anche sugli scogli. Ricordo solo che ero sotto al forte di San Giuliano e che in alto si vedevano i carabineri, mentre dal corteo saliva un coro cupo di assassini assassini! Non mi riconoscevo in quel coro, mi disturbava. Forse era solo paura per quello che poteva succedere e che poi è successo. Ma c’è anche che per me il Gandhi è una fede (anche se lui non era né dio, nè un profeta, né infallibile). (CONTINUA)

    29. Hurtaly Says:

      Per Gilgamesh: “quando mio figlio, il maggiore, mi chiese che cosa avrebbe dovuto fare se fosse stato presente quando, nel 1908, subii un’aggressione quasi mortale, se sarebbe dovuto scappare oppure se avrebbe dovuto usare, come poteva e voleva, la forza fisica per difendermi, gli risposi che sarebbe stato suo dovere difendermi anche ricorrendo alla violenza». (Gandhi,”La resistenza non-violenta”,Sonda, p.121).

    30. Squonk Says:

      Sono uno studioso della nonviolenza: so cosa dico, quando parlo di Gandhi. E sono anche un buddhista. Quella frase (“se incontri il Buddha per strada, uccidilo”) c’entra ben poco con Gandhi.

    31. astolfo Says:

      Astolfo, adesso mi faccio passare il mal di stomaco. Se hai voglia, ripassa domani, e continuiamo a discutere.

    32. lester Says:

      Mal di stomaco per quello che ho scritto? Forse può giovarti la versione di John Martin di Singin’ in the rain.

    33. astolfo Says:

      Ciao. Ho scritto un commento a questo post sul mio blog, e vi ho riportato le parole con cui Giovanni Lindo Ferretti dedica 11 settembre 2001 ai poliziotti e ai carabinieri. E’ troppo lunga per riportarla qui, ma penso che possa essere interessante.

    34. Malricci Says:

      Caro Squonk, non riesco ad aspettare domani. Forse tu pensavi di stare scrivendo qualcosa di molto personale, ma in realtà hai scritto una cosa politica. Tuo padre non era in quella camionetta. E neanche tu. Il cugino Antonio ha avuto la vita rovinata da una bomba, non da un estintore. Quindi, quando dici vaffanculo a Carlo Giuliani in realtà stai affrontando una cosa che non riguarda la tua biografia, ma il tuo sentire attuale. Se tu pensi che Carlo Giuliani abbia sbagliato, i blog ci sono apposta per dirlo. Se devi affrontare il fatto che tuo padre è un carabiniere e che in qualche momento può essersi trovato a decidere se uccidere o meno un’altra persona, hai coraggio a guardare in faccia questa cosa. La parte della tua lettera a cui voglio riferirmi è quella in cui parli delle tue paure di bambino. Mio padre nei ’70-’80 era dirigente Ansaldo e quindi qualche preoccupazione in casa c’era, eccome. Ma non posso dire che da parte mia, che a quell’epoca ero più bambino di te, ci fosse paura. Però in seguito ho imparato l’importanza della paura e che bisogna sempre tenerla in considerazione, anche quando si parla di politica. Tuttavia, tu passi direttamente dalla constatazione della paura ad appoggiare la reazione violenta. Forse ci sarebbero altre riflessioni da fare prima del tuo ultimo capoverso. E così l’ultimo capoverso potrebbe risultare diverso. P.S. Resto in attesa di notizie sul tuo maldistomaco. P.P.S Roosevelt diceva: l’unica cosa di cui dobbiamo aver paura è la paura.

    35. Squonk Says:

      Dopo che Giuliani è morto, grande è stata la mia sorpresa quando veniva indicato come un ragazzo pacifista, e intanto lo si vedeva come, con tutto il suo pacifismo che lo alimentava, gettava con forza un estintore nella camionetta dei carabinieri!

    36. astolfo Says:

      Astolfo, io ho preferito aspettare, ed ho fatto bene. Hai aggiunto un commento prezioso, che non mi ha fatto cambiare idea (vedi il nuovo post), ma che mi ha fatto passare il mal di stomaco. A volte, discutere a distanza – anche se con una necessaria e voluta durezza nei termini – serve a non trascendere nella rissa da bar. Serve a ripensare alle proprie parole, a smussare o ad acuire dove serve, a lavorare su un avverbio o su un aggettivo non per questioni di forma, ma per pure e profonde questioni di sostanza. Io non sono d’accordo con ciò che scrivi, e si capisce. Però, a mente fredda, ti ringrazio per essere capitato da queste parti ed aver lasciato traccia del tuo pensiero. Se il mondo funzionasse sempre così, sarebbe un posto migliore nel quale vivere.

    37. Anonymous Says:

      Questa è per donna-ingegno. Mi rendo conto che il mio può sembrare un sofisma, ma non riesco a controllare questa parte “acida” di me. Tu hai visto un ragazzo che gettava quell’estintore con forza. Io ho visto un ragazzo con un estintore sollevato. Con quanta forza lo avrebbe gettato non lo sapremo mai. Questo non toglie che alzare un estintore contro una persona armata sia un suicidio. Però almeno non raccontiamo quello che non è successo.

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