E’ una tentazione che viene a tutti coloro che diventano genitori (almeno, a tutti coloro che non vivono di rendita e non godranno degli sgravi fiscali reagan-berlusconiani): calcolare quanto costa un figlio in età compresa tra zero e dodici mesi.
Mettersi lì con un bella tabellona Excel, e fare una lunga (interminabile) lista nella quale si susseguono vestiti, rette del nido, termometri, pannolini, creme, pediatri, giochi, arredamento, ediosacosaltroancora.
Alcuni, tenaci e masochisti, vanno avanti per mesi. Il totale raggiunge valori iperbolici, ed i padri-ragionieri (o le mamme-contabili), presi da disperazione, decidono di andare in analisi dopo aver lungamente meditato l’infanticidio a scopo di risparmio.
Altri, più avveduti, rinunciano intorno al quindicesimo scontrino, consapevoli della vanità dell’azione, ed iniziano a mettere da parte monete da due e da cinque centesimi per acquistare confezioni di sistemi anticoncezionali di sperabilmente provata efficacia.
Entrambe le categorie apprendono del simpatico bonus studiato dagli acrobati del bilancio statale, mille euro per un neonato. Senza aver bisogno della tabellona Excel, fanno quattro conti a mente, realizzano che mille euro servono per tirare avanti da tre a sei mesi, mormorano uno scorato “vaffanculo” e vanno ad aprirsi una Moretti, che di più mica ci si può permettere.
Repubblica.it