Cesare e Luisa hanno aperto il loro negozio una quarantina d’anni fa. A quei tempi, a Milano c’era ancora la nebbia, quella vera. I nuovi abitanti di un quartiere che cresceva giorno per giorno, man mano che i palazzi prefabbricati dell’IACP si completavano, quando invitavano amici e parenti a vedere la loro casa nuova dovevano portarsi fino alla Montagnetta di San Siro, perchè da lì in poi la gente si perdeva in quelle strade non ancora segnate sulle cartine della città. A quei tempi nessuno sapeva cosa fosse un centro commerciale o un ipermercato, e le casalinghe (le casalinghe!) andavano a fare la spesa ogni giorno: latteria, panetteria, macelleria, ortofrutta, lasciando talvolta i figli a giocare da soli (da soli!) in cortile (in cortile!).
Per quarant’anni, Cesare e Luisa hanno venduto latte, e bottiglie di vino, e etti di pancetta coppata. Alcuni dei loro clienti sono cresciuti, altri sono invecchiati, e altri sono morti. Per quarant’anni hanno fatto servizio a domicilio ad anziani che non si potevano muovere, hanno fatto credito, hanno ascoltato lamentele e progetti. Oggi è l’ultimo giorno di attività di Cesare e Luisa; sono entrato, ho visto gli scaffali ormai vuoti, ho chiesto le solite quattro cose che compro ogni sabato, ho pagato, ho detto “buona domenica” come tutte le altre volte e poi ho aggiunto “ci vediamo”. Dove, non so.
Cesare e Luisa non sono i veri nomi dei “lattai”. Importa qualcosa? Penso di no.