La vedo seduta su una poltroncina, al centro del terrazzo assolato. Ne intuisco l’età avanzata e la fragilità del corpo; i capelli sono di un bianco quasi accecante, anche nella luce forte di questo luglio torrido. Ai due lati le stanno un uomo e una donna. Questa rimane in piedi, mentre lui si china, sedendosi sui talloni e portando il proprio volto all’altezza di quello dell’anziana donna sulla poltroncina: lei, con lo sforzo che solo l’amore e la stanchezza e la consapevolezza del proprio destino possono giustificare, inizia ad accarezzargli la guancia, e la nuca. Sono lontano forse una trentina di metri, ma posso avvertire la tenerezza di quel gesto come se mi trovassi a pochi centimetri, come se quella carezza la ricevessi io. Finisco il mio giro, mi volto nuovamente a guardarli – sono ancora tutti e tre lì, in pieno sole. L’uomo si è rialzato, immagino che tra poco riporterà l’anziana donna nella sua stanza, al di là della vetrata, e ricambierà la carezza, sperando di avere almeno un’altra occasione.
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