Nella veloce scorsa che ho potuto dare a Repubblica, ieri, mi sono balzate all’occhio due notizie che reputo notevoli e che invece non mi pare abbiano avuto grande spazio – a partire dallo stesso giornale sopracitato.
La prima è che a Baghdad si sta un po’ meglio, o un po’ meno peggio; non entro nei dettagli, l’articolo prende una pagina ed è la riduzione di un articolo più lungo del New York Times, ma il succo è quello: meno morti, un pochino più di normalità.
La seconda è che due gruppi di ricercatori hanno trovato il modo per creare cellule staminali come quelle embrionali (pluripotenti, mi pare che si chiamino), senza però dover usare gli embrioni.
Ora, sono entrambe buone notizie, credo che su questo ci possiamo trovare d’accordo. Rispetto alle quali però in molti storcono comunque il naso, perchè nell’irrefrenabile desiderio di contestualizzare e catalogare (politicamente, socialmente, economicamente) tutto e tutti queste notizie sembrano dare ragione agli “altri”: a Bush, ai neocon, a Giuliano Ferrara, al cardinal Ruini – ci siamo capiti.
Ci casco anch’io. Quando ho letto che i morti giornalieri di Baghdad sono passati da 35 a 5, il primo pensiero che ho avuto è stato “beh, cazzo, hai detto poco: cinque morti al giorno”. Mi sono un po’ vergognato di me stesso. Il fatto è che il miglioramento della situazione nella capitale irachena e la scoperta dei ricercatori sono buone notizie in sè che non necessariamente danno ragione a idee, politiche e visioni del mondo che ritengo sbagliate. Sono altro, e dovrei diventare capace di rendermene conto – sempre – e perciò di godermele per quello che sono: buone notizie, appunto.