Tranquillamente intorpidito
In un passato ormai remoto ebbi la balzana idea di scrivere la mia tesi di laurea in marketing sulla comunicazione dei partiti politici: balzana perchè faceva intuire la mia inadeguatezza a trovarmi un posto di lavoro decente sfruttando le conoscenze maturabili durante i mesi di lavoro per la stesura della tesi (ai tempi, pareva che i bocconiani non potessero fare altro che diventare Chief Financial Officer di una multinazionale dopo sei mesi, e Imperatori dell’Universo dopo due anni), e balzana (anche se con il senno di poi) perchè mi trovai a fare le ultime interviste e scrivere i capitoli finali mentre Tonino Di Pietro e il resto del pool di Milano arrestavano politici di ogni ordine e grado dalle sette di mattina a mezzanotte per sette giorni su sette.
Comunque, l’incipit mi serve per dire che l’attenzione per la comunicazione politica non mi è mai mancata: parlo di attenzione ai termini, ai modi di dire, ai “compagni-amici-camerati”. Nel corso del tempo ho continuato imperterrito a leggere cronaca e analisi politica, non mi sono fatto mancare nè le dichiarazioni di Intini nè quelle di Tatarella, per non dire degli editoriali di Sartori e financo di Valentino Parlato. La mia vita, chiaramente, non ne ha tratto particolare beneficio; anzi, direi che l’accumulo di parole, annunci, smentite, interpretazioni, dietro-le-quinte ha finito per rendermi come il Pink raccontato da Roger Waters: comfortably numb. Quindi, immagino che in questa campagna elettorale si stiano susseguendo novità di assoluto valore, che però a me entrano da una parte ed escono dall’altra: intendiamoci, la colpa è mia e non di Veltroni o di Berlusconi. Forse dovrei fermarmi un giro a ricaricare le pile, non so.