Casa
[Le cose che vengono in mente un giorno prima di vedere un paio di amici su West Broadway]
Faccio questo lavoro da tanto tempo – a volte penso persino troppo, ma questo non importa – e alla fine si è creata questa specie di compagnia di giro, Arnaud e Stephan e Marta e Jessica e Per e Susan, e aspettiamo Tina dopo la maternità che ormai son due anni o forse tre che non ci vediamo, e ci vediamo sempre in giro per fiere e conferenze, come se fossimo in campo neutro che alla sera si va a cena e poi ognuno ritorna alla propria camera d’albergo. Ma a volte capita che si finisce a Rottweil, oppure a San Diego, o a Madrid, o a Milano, che ci si trova a casa di uno di noi, dove casa non è il salotto con il televisore e il mobile degli alcoolici, ma è il proprio microcosmo, è la Schramberger Strasse che scende fino allo svincolo per l’autostrada con le macchine parcheggiate precise a spina di pesce, è Balboa Park dove te ne stai sul ponte di pietra a guardare gli aerei che scendono e a un certo punto sono tutt’uno con lo skyline dei grattacieli e là in fondo c’è l’oceano, è Plaza Mayor dove ti siedi a guardare la gente che sciama e poi si ferma a guardare i mimi truccati di tutto punto, è un portone di Via Verdi che si apre e fa intravvedere un giardino interno di solito nascosto agli occhi dei passanti – è casa, la casa di uno di noi che la fa vedere agli altri accorgendosi che sì, c’è qualche crepa nei muri e a volte quelli del piano di sotto tengono la musica troppo alta, ma in fondo viverci non è così male, ché casa è qualcosa di più e di diverso dal posto dove si abita, casa siamo noi.