Stories of the Bund – Io ballo da sola
Non so chi sono. So che le vedo la mattina alle otto e la sera, dodici ore dopo. Sono quasi tutte donne, a gruppi che vanno dalle dieci alle trenta componenti. Stanno nei due, trecento metri che separano l’inizio della zona pedonale di Nanjing Lu verso ovest dall’incrocio con Zhejiang Lu, in mezzo alle vetrine splendenti, ai trenini per turisti, ai procacciatori di clienti per le migliaia di prostitute che affollano la città, ai venditori di orologi falsi, agli studenti in divisa. Ballano. Qualcuno porta un lettore di cd, lo collega a un amplificatore e via, iniziano. Ballano per delle mezz’ore intere, a volte si danno il cambio, più spesso restano insieme per tutto il tempo. Sono tutte di mezz’età, stanno in fila una dietro all’altra e una a fianco dell’altra con un senso geometrico che fa a pugni con l’apparente immane costante casino che pare governare ogni angolo di Shanghai, e quando si muovono sembra di vedere un corpo di ballo di un varietà per la sincronia, la precisione e l’impegno, i passi tutti uguali, a tempo, apparentemente senza aver nessuno che guidi il movimento collettivo. Spesso è musica occidentale quella che si sente uscire dalle casse, a volte latinoamericana, capitano valzer e tanghi; di solito c’è anche il pubblico, passanti che si fermano e per pochi secondi o qualche minuto si godono lo spettacolo: che è tale per gli spettatori, ma non sembra esserlo per le ballerine che hanno tutte uno sguardo tanto assorto da sembrare perso. Talvolta si vedono dei gruppi misti che ballano in coppia, ma son più rari e, non saprei dire perché, a me piacciono meno. Adesso stanno qui, sono due gruppi uno a cinque o sei metri dall’altro, dio solo sa come le musiche riescono a non sovrapporsi, saranno in tutto una trentina e ballano, all’aperto, nell’aria gelida figlia della nevicata di questa notte, e di tutti noi che affolliamo la zona pedonale – chi per andare a prendere la metro in People’s Square, chi per fare shopping o bere un caffè o cercare sesso: e siamo in tanti, siamo migliaia – sembrano le più serene, abitanti di una dimensione che noi non conosciamo e non capiamo.