Il titolare, qui, è nato, cresciuto e tuttora vive nella periferia milanese. Sempre la stessa, tra l’altro, con un solo spostamento di poco più di mille metri in occasione del matrimonio.
Dovessi dire che conosco la periferia milanese, direi una mezza verità e una mezza bugia. Conosco i posti che conosco. A Rogoredo, per dire, sarò andato quattro volte in trentanove anni, professarne conoscenza sconfinerebbe un po’ nella millanteria. Al tempo stesso, a volte basta un’occhiata anche rapida data durante un veloce passaggio in macchina – magari fortuito – per ritrovarsi a casa. I colori delle strade e delle poche aiuole, le case popolari, le giacche dei pensionati, cose così.
A mio tempo, sono stato anch’io vittima della retorica della periferia (Storie da marciapiede – Quartiere otto tu non cambierai – È un po’ che non ci si vede – Non ero il primo a scuola e tu lo sai – Ma il treno della vita – Almeno una volta si fermerà – Per quelli della strada – Qualcuno una canzone scriverà), quella che sostiene la maggiore “purezza” di chi vive a distanza dalle sfavillanti vie del centro. Ma mi è bastato poco, mi è bastato andare all’università e in generale frequentare un po’ più assiduamente luoghi e persone fuori dalla mia abituale cerchia, per rendermi conto di cose molto banali nella loro assoluta evidenza. Mi sono reso conto che degrado e periferia non sono sinonimi, così come non lo sono progresso e centro storico, che brave persone e testedicazzo sono abbastanza equamente distribuiti, che la periferia nella quale vivevo e vivo era fatta – in larga misura – da gente con una speranza di vita e di miglioramento non proprio trascurabile (e oggi, vent’anni dopo, trovo più conferme che smentite a quell’impressione), che – insomma – le cose e le persone non erano nè bianche nè nere, e nemmeno grigie, ma a macchia di leopardo.
Epperò, io sono nato, cresciuto e vivo nel quartiere Gallaratese, periferia nord-ovest di Milano. A Rogoredo, come a Drancy, ci ho giusto passato qualche ora, e forse le cose non erano e non sono come sembrano a me.