Vorrei tornare sulle righe scritte ieri a proposito di Buràn (non l’avete ancora letto? Forza, su) e delle persone che ci stanno dietro, e lo fanno vivere.
A prescindere dal giudizio sui contenuti, che dipende dai gusti, mi è sembrato giusto far notare, ricordare che c’è gente come Herr Effe e i suoi compagni di avventure: persone che fanno le cose per pura passione.
Intendiamoci: io non ho nulla contro il guadagno, che è una delle possibili giuste forme di riconoscimento dell’impegno e – soprattutto – del merito; in altre parole, non trovo che la monetizzazione del talento e/o dell’applicazione corrompa il talento e/o l’applicazione. Il punto non è quello: il punto è il fastidio crescente che provo nei confronti di coloro che, per propria povertà morale, passano la propria vita a pensar male degli altri, a immaginarsi doppi fini, bassezze, ambiguità (dovrei piantarla di leggere i commenti di Mantellini e limitarmi ai soli post, lo so). Buràn, e attività consimili, per me hanno un valore che trascende quello letterario o di comunicazione del non conosciuto: hanno il valore della boccata d’aria fresca e pulita – e si sa, senz’aria si muore.
Buràn, Herzog, Mantellini