L’Uomo Più Potente Del Mondo
Sono cresciuto, come credo moltissimi altri occidentali della mia generazione, nell’idea che il Presidente degli Stati Uniti fosse L’Uomo Più Potente Del Mondo – maiuscole incluse. Quello che poteva pigiare il tasto rosso della valigetta nucleare, quello che poteva mandare soldati e aerei e navi in ogni più lontano anfratto del globo e uscirne vincitore (non sempre, d’accordo; ma abbastanza spesso), quello che alzava il telefono e non aveva nemmeno bisogno di alzare la voce – dear Prime Minister, I’m the President -, quello che, last but not least, poteva avere un’affaire con l’attrice più bella del mondo e all’inizio della stagione del baseball avere l’onore del primo pitch del campionato.
Qualche dubbio sulla reale forza dell’UPPDM ammetto che mi era già venuto in passato: se sei l’UPPDM non puoi farti fregare da due giornalisti, anche se uno pare sempre sotto acido e l’altro è alto, bello e biondo; né ti sparano in testa mentre stai dispensando sorrisi a bordo di una decapottabile; né, infine, fai il protagonista per sette stagioni di una serie tv lasciando pensare ai tuoi fan che sì, guarda, va bene tutto ma io al posto tuo nemmeno sotto tortura.
Ma i veri dubbi mi sono venuti una decina di giorni fa, mentre trascorrevo la terza settimana in quattro mesi a Shanghai. Ci sono arrivato da Detroit, che è forse la città americana dove oggi puoi maggiormente avvertire quel che l’UPPDM può fare, e anche quel che non: se non è ridotta a un cumulo di macerie fumanti buono per il set di un film dell’orrore post-nucleare lo deve per metà a un signore che non mette mai la giacca e per l’altra all’UPPDM (il quale quindi ha bisogno di qualcuno che gli dia una mano per esser tale: il che suona un po’ come una contraddizione in termini, a voler essere rigorosi). Poi attraversi il Pacifico, fai un colloquio a una ragazza con un curriculum che a Milano le farebbe guadagnare due volte e mezzo quel che prende oggi a Pechino, le chiedi se la sua azienda le dà dei fringe benefit e lei risponde sì, certo, cinque giorni di vacanza all’anno, e ti ritrovi sommerso dall’affascinante e inquietante tsunami dei cinesi che lavorano novanta ore a settimana senza essere Gordon Gekko, e hai a che fare con un signore che senza battere ciglio sborsa trenta milioni di euro per rilevare un esangue marchio di moda italiano tenendone giusto il logo perché al resto ci pensa lui, e Facebook chissenefrega tanto abbiamo Weibo e siamo già in quattrocento milioni e in generale ti pare di sentire intorno a te il vento di quello che temevi potesse essere il futuro e invece è già il presente, allora cominci a pensare che forse dovresti cercare qualche informazione in più sul nuovo Primo Ministro cinese, e che puoi pure risparmiarti la notte in bianco per vedere asinelli blu ed elefanti rossi riempire la cartina dei cinquanta stati: se alla favola dell’UPPDM non ci crede Jed Bartlet, c’è un motivo al mondo per cui ci debba credere io?