Greetings from Zagreb 2012 – Commessi viaggiatori
Sta seduto a ore otto, come me ha chiesto al cameriere la password della wi-fi del ristorante, come me sta guardando sul display un messaggio di errore. Mi rivolge la parola, in inglese. Io rispondo, a metà della frase mi dice sei italiano, vero? e io rispondo sì, rimanendoci anche un po’ male, si vede che per quanto ti applichi l’accento di casa non riesci a perderlo. Scambiamo quattro chiacchiere, alla fine decidiamo di farci compagnia per questa cena, due perfetti sconosciuti che si dividono il tavolo, ciao sono F., ciao sono S.. Facciamo lo stesso lavoro, giriamo per vendere, per aprire nuove filiali, per trovare agenti. Io gli racconto del mio settore, lui mi racconta del suo, ciascuno sgrana gli occhi nel sentire gli aneddoti dell’altro, no dai, stai scherzando, fai quel fatturato vendendo canottiere, ma allora ho sbagliato mestiere, i clienti come li trovi. Abbiamo persino conoscenze in comune, una grande catena della grande distribuzione slovena, diosanto quant’è piccolo il mondo. A vederci da fuori forse facciamo un po’ compassione anche se siamo vestiti bene e abbiamo uno smartphone a portata di pollice, forse sembriamo la versione impiegatizia di qualche personaggio di Bukowski o di Carver, se ci fosse un bancone saremmo lì con i gomiti appoggiati e un boccale di birra che si riscalda sotto gli occhi a tirare l’ora di andare a letto, o quella di mandare le ultime offerte sperando che i clienti mantengano le loro promesse. Usciamo dal ristorante, facciamo due passi verso la grande piazza dove pare che passino tutti i tram del mondo, io giro qui, ho l’albergo dietro l’angolo, io vado dritto, ho la macchina parcheggiata dietro la cattedrale, allora ciao, in bocca al lupo, ciao, magari ci troviamo ancora da queste parti, va bene, mi raccomando in Russia, sì, e tu in Cina, ciao, buonanotte, buonanotte, ciao.