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    19/03/2004

    La vittima ed il graziato

    Filed under: — JE6 @ 12:56

    Secondo alcuni – troppi, secondo me – lo Stato potrebbe concedere la grazia ad un detenuto solo in presenza di due condizioni: il perdono da parte delle vittime o dei loro congiunti più stretti e la richiesta di grazia da parte del detenuto stesso.
    Il sottoscritto, come la grandissima parte dei suoi concittadini, è di formazione cattolica. Perdono è un termine che, senza andare a spulciare nel vocabolario, ha un significato importante e profondo.
    Eppure.
    Eppure le vittime ed i loro congiunti non dovrebbero avere alcun ruolo in queste vicende; perchè assegnarglielo significa adottare, potenzialmente, un surrogato della legge del taglione: mi hai fatto del male? E adesso io lo faccio a te.
    Non solo, ma significa introdurre un elemento di discriminazione tra detenuti che potrebbero ricevere la grazia. Se il detenuto A ha ucciso, per dire, il fratello di una suora, ed il detenuto B ha ucciso il padre di un ateo convinto, è possibile (non certo, ma possibile, forse probabile) che il primo abbia più possibilità di essere perdonato rispetto al secondo.
    E infine, le vittime ed i loro congiunti hanno già sofferto abbastanza, per doversi caricare sulle spalle anche il fardello del giudizio ultimo.
    Eppure, il detenuto non dovrebbe avere alcun ruolo in queste vicende, se non quello di dimostrare, nelle parole e nei fatti quotidiani, di essere una persona diversa rispetto a quella che la giustizia dello Stato ha ritenuto colpevole di un crimine. Il detenuto può legittimamente essere convinto di esser stato vittima di un errore giudiziario, e comunque può legittimamente essere convinto di pagare per le sue azioni ogni giorno passato in una cella.
    Eppure.

    5 Responses to “La vittima ed il graziato”

    1. palmasco Says:

      Discorso difficilissimo.
      Da una parte si vorrebbe ricordare la tutela dei parenti delle vittime, che possono leggittimamente sentirsi molto turbati dalla possibilità d’incontrare quotidianamente dal macellaio e il fruttivendolo l’assassino del congiunto.
      Dall’altra non si può non pensare con disgusto alla cronaca recente, al potere esercitato da quella stronza di Yoko Ono di impedire l’uscita dal carcere (dopo 30 anni di galera) all’assassino di John Lennon.
      Non so che dire se non che una buona regola generale non mi sembra possa esistere, e rassegnarmi di conseguenza allo strazio delle valutazioni caso per caso, con il carico di frustrazione che questa procedura mostra ogni volta.

    2. Shangri-La Says:

      Qui http://www.lexitalia.it/articoli/amonaciliuni_grazia.htm e qui http://www.lexitalia.it/articoli/spagnoletti_sofri.htm due articoli in tema, a titolo di esempio sulla complessità della discussione intorno all’istituto giuridico in questione. In questi articoli non si parla mai di “perdono”. A questo proposito, vorrei dire che trovo molto ingiusta l’equazione assenza di perdono = legge del taglione. E visto che non parliamo del sesso degli angeli, qui la dura lettera dell’avvocato della famiglia Calabresi http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2003/07_Luglio/17/avvocato.shtml. Poi ognuno giudichi come vuole.

    3. Squonk Says:

      S-L, grazie per le segnalazioni.
      Hai ben ragione, nei documenti “tecnici” non si parla di perdono; e, aggiungo io, ci mancherebbe altro.
      Perchè, come dimostra la lettera dell’avvocato della famiglia Calabresi, il perdono è questione personale, indipendente dalla giustizia amministrata dallo Stato. Nel caso di Adriano Sofri, se anche quest’ultimo restasse in carcere fino alla fine dei suoi giorni, la famiglia Calabresi (Li Gotti dixit) non lo perdonerebbe mai. Legittimo. Ma, appunto, personale. E tutto questo conferma la mia opinione: chi è direttamente coinvolto ha diritto alle sue idee ed ai suoi sentimenti, ma non devono essere questi a determinare il corso della giustizia.
      Non mi soffermo neanche sulla non-necessità di una domanda da parte del condannato perchè questo possa essere graziato, tanto il nostro codice è chiaro (peccato che il ministro non possieda queste nozioni di base).
      Da ultimo, non nascondiamoci dietro ad un dito. Se non esistesse una Legge amministrata da uno Stato, entità alla quale ognuno di noi delega questa responsabilità, la legge del taglione sarebbe l’unica legge in vigore tra gli umani. Non tutti, forse, l’applicherebbero. Ma molti sì, e a me questo fa orrore.

    4. lester Says:

      Occorre chiarire ogni volta che la grazia NON è un perdono: il reato e la condanna permangono, viene solo ridotta la pena. Penso anch’io che il parere dei parenti delle vittime dovrebbe essere sentito ma non essere vincolante.

    5. AdRiX Says:

      La grazia, pur essendo una modifica “ad personam” della pena, dovrebbe avere le stesse caratteristiche dell’esercizio del diritto nel nostro paese: non emotivo e punitivo, ma razionale, equanime, “saggio” mi viene da dire. Coinvolgendo i parenti delle vittime non si ha niente di questo: e’ come mettere il congiunto di un assassinato in giuria popolare nel processo all’accusato del delitto.

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