Lo vedi in lontananza, il maledetto semaforo che governa l’incrocio sulla statale del Sempione. Non si muove, non si avvicina, ed è sempre rosso.
Allora, volente o nolente, hai tutto il tempo di guardare nell’abitacolo di chi si trova nelle tue stesse condizioni, solo sulla corsia opposta, impegnato nel vano tentativo di raggiungere il ponte di Mazzo di Rho.
E tutte le sere, immancabile come la morte, la vedi. La Passeggera. E’ una signora di età compresa tra i trentacinque ed i sessant’anni, seduta sul lato destro della cabina di un camion, o di un furgone di grosse dimensioni. Ha lo sguardo indurito dalla fatica e dalla stupidità della situazione, della quale si rende perfettamente conto pur senza conoscere gli immortali versi packed like lemmings into shiny metal boxes.
Guarda avanti a sè, in silenzio, mentre l’uomo che sta al volante – il marito, si suppone, anche se è uno di quelli che rifiuta di portare la fede all’anulare, non sia mai che trovi una donna delle pulizie da ingroppare nell’angolo oscuro e polveroso di un magazzino carta – bestemmia, tambureggia nervoso sulla plancia del cruscotto, e fuma una sigaretta improbabile e senza filtro.
Lei sta lì, chiusa nel suo piumino che ha conosciuto tempi migliori, divisa tra il tentativo di godersi la forzata inattività e la consapevolezza della cena ancora da inventare. A volte, tra lei e l’uomo che bestemmia e fuma e tambureggia, sta un bambino di sei, sette anni, i capelli di fil di ferro e gli occhi stirati, sul cui viso l’incongruità della scena non ha cancellato la capacità della sua immaginazione di renderlo il primo mozzo, là sulla tolda, al fianco del capitano.
Il semaforo, per pochi, quasi impercettibili secondi, mostra un pallido verde che permette alla fila dei lemming di muoversi in avanti di qualche metro.
Perdi di vista la Passeggera. Ma sai che domani, alla stessa ora, sarà lì, con lo sguardo fisso verso il ponte e la cena da inventare.