Capita che arrivi ad un appuntamento con dieci minuti di anticipo, e ti trovi di fronte un posto del quale senti parlare fin da quando eri piccolo, e che sfiori, senza toccare, tutte le sere mentre torni a casa.
Allora vai a vedere, e ti succede di camminare su un acciottolato incongruo, incastrato tra cemento, asfalto e vetri delle autostrade e dei centri direzionali, nel silenzio strano delle quattro del pomeriggio. Dentro è tutto un affresco, una teoria di santi dal pavimento alle volte del soffitto; e anche lì, silenzio.
E ti capita di pregare che succeda qualcosa, una telefonata che ti avvisi che l’appuntamento è saltato, per avere ancora mezz’ora da stare seduto su una panca a ricordarti il padrenostro, da camminare tra i giochi dell’oratorio, vuoti in attesa della primavera e dei bambini.
Ma la telefonata non arriva. E allora, fai un respiro profondo. E riparti.