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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

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    23/02/2005

    Greetings from London ’05 – 7. Rimpianti

    Filed under: — JE6 @ 20:54

    Oggi è il compleanno di mia figlia, e di mia mamma.
    Auguri per telefono, e questo è quanto. Vabbeh.

    Greetings from London ’05 – 6. Gossip

    Filed under: — JE6 @ 20:50

    Gli argomenti che vanno per la maggiore in questi giorni a Londra? La Regina che non andrà ad assistere al matrimonio del figlio con l’equina, il sindaco che dà del nazista ad un giornalista (ebreo, ironia della sorte) e non ritratta e non chiede scusa, la sconfitta dell’Arsenal.
    Ah, e i profitti in ascesa di Cadbury.

    Greetings from London ’05 – 5. In fila per tre

    Filed under: — JE6 @ 20:45

    Si sa che gli inglesi (che per noi vuol dire i londinesi, avete mai sentito qualcuno parlare degli inglesi riferendosi, non so, agli abitanti di Bristol?) aspettano l’autobus ben disciplinati, stando in coda, e non si pigiano l’uno sull’altro.
    Si sa, e ciò nonostante non riesco a non stupirmi. Si è bloccata la metro. Alle sette di sera. Hanno chiuso la stazione di Oxford Circus. Tipo Piazza del Duomo a Milano, o Times Square a New York. Ci sono migliaia di persone ferme in strada, e aspettano tutti. In fila, lasciando lo spazio per coloro che devono fendere la folla dirigendosi a piedi da qualche altra parte. Nessuno che impreca. Qualcuno legge il giornale, molti telefonano a casa o per disdire appuntamenti, altri ascoltano musica. Basta.

    Greetings from London ’05 – 4. Aria di casa mia

    Filed under: — JE6 @ 00:21

    Good evening.
    Good evening, sir. Do you have a reservation?
    Yes, sure. My name is P***.
    Okay, let me see… Yes, it’s… ah, ma lei è italiano!
    Già.
    Sardo, vero?
    Diciamo di sì. E lei, da dove viene?
    Chioggia.
    Chioggia, eh?

    Greetings from London ’05 – 3. Life on the street

    Filed under: — JE6 @ 00:17

    Memo: la prossima volta, ricordarsi di scegliere un altro Internet Point. Questo di Earl’s Court Road ha la postazione libera esattamente sulla porta di ingresso del locale (un fast food). Fuori cade qualche fiocco di neve, ci sono tre gradi sotto zero, ogni sei secondi arriva una folata gelida da broncopolmonite fulminante. Considerato che ho i polmoni maculati come la pelliccia di un leopardo, magari potrei scrivere tutto su carta e poi ridigitare da bravo blogger in un luogo meno malsano.

    Greetings from London ’05 – 2. Via dalla pazza folla

    Filed under: — JE6 @ 00:13

    Ci hanno provato anche questa volta, a incastrarmi. Senza nemmeno dirmelo. Un messaggio: “Vieni all’Holiday Inn di Cromwell Road“, mi scrive l’amico norvegese. Va bene, vengo, andremo in pub a berci una birra.
    Invece. Un party. Tutta gente che vedrò domani in fiera, e mi chiedo perchè devo stare qui invece che, come il bravo turista, a guardare per la centesima volta (e sempre senza stancarmi) il Tamigi e il Big Ben illuminato e Whitehall con le statue degli eroi di guerra. Così, mi bevo una birra, scambio due parole, ascolto una canzone fatta – neanche male, devo ammettere – da un gruppo che scimmiotta The Committments senza avere il cantante e con le coriste molto meno gnocche rispetto alle originali, e mi rimetto in metropolitana. Vedo gente, (non) faccio cose, prendo freddo davanti all’Abbazia di Westminster, spendo venti sterline da HMV, mangio al Silver Crown leggendomi l’Evening Standard. Cosa vuoi di più dalla vita? Una McEwan’s, magari, ma nient’altro.

    Greetings from London ’05 – 1. Vola tricolore

    Filed under: — JE6 @ 00:05

    D’improvviso, il display mostra un’ora di ritardo. Pare che Alitalia, a sedici ore dal termine dello sciopero degli assistenti di volo, faccia ancora fatica a mettere insieme gli equipaggi.
    Ed è tutto un fiorire di bastardi, figurati se prendo ancora Alitalia, è una vergogna, li metterei al rogo, e come fa a mancare il sempreverde froci, tutti quanti.
    Poi, altrettanto d’improvviso, il display ritorna all’orario previsto; i bastardi tornano ad essere figli di buona famiglia, forse si volerà ancora Alitalia, d’altra parte fan tutti così e tutto sommato ‘ste hostess non son neanche tanto male, certo non son lesbiche.
    Insomma, si parte, e le hostess non fanno nemmeno lo sciopero del panino di cui si legge sui giornali (anche se sarebbe stato meglio se avessero aderito all’agitazione sindacale, chè quel panino scamorza e melanzana grida ancora vendetta al cospetto del Dio McDonald’s), e io mi ritengo persino fortunato perchè la traffic congestion ci obbliga a stare venti minuti a volteggiare sopra Londra, a guardare le sue mille luci, i serpenti di automobili che così lunghi li ho visti solo dalla cima della Sears Tower di Chicago, i campi di calcio illuminati e non importa se questa sera non si vede la centrale elettrica di Animals, so che sarà lì per sempre, insieme ai maiali volanti e alle sei corde di David Gilmour. Poi si atterra, e come ogni volta mi viene la malinconia del bel gioco che dura troppo poco.