I co.co.co. della politica
C’è, in questa intervista che Beppe Grillo ha rilasciato a Repubblica, una frase che mi lascia perplesso, per usare un eufemismo: Il politico deve tornare a essere un dipendente dei cittadini. Quindi noi facciamo votare un programma energetico, per dire, e poi chiamiamo il politico e gli diciamo: ti diamo i soldi, l’obiettivo e un tempo per realizzarlo. Se non avrà raggiunto il risultato, verrà licenziato. Come si fa con i co. co. co.
A prima vista, sembra molto ragionevole: l’eletto è colui che fornisce corpo e voce ai desideri ed ai bisogni degli elettori. Però mi chiedo: tutto qui? Il politico deve veramente essere un mero esecutore, il manager (ma no, sarebbe troppo: il quadro, o l’impiegato di settima) che prende ordini dall’azionista ed esegue senza metterci nulla del suo?
Da cittadino, a me non dispiacerebbe che i politici – almeno quelli che io voto – mi dessero retta, dando prova di vivere nel mio stesso mondo e di condividere i miei stessi bisogni ed obiettivi. E mi piacerebbe che non disattendessero – in modo a volte clamoroso – le mie manifestazioni di volontà. Ma vorrei che, appunto, ci mettessero del loro. Vorrei che fossero delle teste pensanti, con un progetto per la società che si trovano a guidare, anche se solo pro tempore. Vorrei che avessero buone idee che a me non vengono. Kennedy, De Gasperi, Thatcher, Adenauer, Reagan: non erano, con tutti i loro pregi e difetti, dei soldatini. Io vorrei essere governato da gente così, non dai burocrati di Grillo.
Repubblica.it
October 6th, 2005 at 11:13
Nientedimeno! E poi cosa vuole ancora? Una batteria di pentole in regalo?
October 6th, 2005 at 13:19
Da quando in qua Grillo e’ diventato il suo politologo di riferimento ?
October 6th, 2005 at 13:28
O io non mi spiego, o lei non mi legge, o lei mi prende in giro. Sa che non so cosa augurarmi?
October 6th, 2005 at 15:34
l’idea di grillo non è nuova, ci pensò giannini cinquant’anni fa.
October 6th, 2005 at 16:34
Facciamo un 33.3% per ciascuna delle tre opzioni ?
(il rimanente 0.1% lo piazzi lei dove vuole)
October 6th, 2005 at 17:25
Beh, c’è un 66,6% di negatività, ne converrà anche lei.
October 6th, 2005 at 19:02
Non si addolori, qui l’unico problema (per cosi dire) e’ che lei prende sul serio tanto Grillo quanto me, mentre io me ne guardo bene.
October 7th, 2005 at 07:44
Ecco, questo è un punto interessante. Non sono io a prendere sul serio Grillo, sono molte – molte – persone “là fuori”; così, penso che tocchi farlo anche a me.
October 7th, 2005 at 11:06
Bene, siamo arrivati al punto.
Penso che la cosa piu’ sana sia continuare a considerare Grillo per quel che se e’, i.e. un comico (che, per quel che vale, per me fa bene il suo mestiere). Dovrebbe essere superfluo ricordare, ma lo faccio lo stesso per chiarezza, che per me un comico non ha ne piu’ ne’ meno dignita’ di un politico, un cantante o un panettiere. Rimane pero’ il fatto che un comico non e’ un politico, per cui prendere le affermazioni di Grillo come qualcosa di sostanzialmente diverso da una battuta non funziona, perche’ una battuta che diventa posizione politica non puo’ che tradursi in posizioni qualunquiste e/o manichee. Se sono in molti “la’ fuori” a fare questo sbaglio e’, alla fine, un loro problema (lo so, sono il solito snob).
October 7th, 2005 at 11:21
Qualche nota sparsa: non escludo che un comico possa diventare un politico (anche in senso “ampio”, non strettamente professionale), anzi. Grillo, in realtà, non viene considerato come un politico, ma come una specie di capopopolo, che è una cosa abbastanza diversa: ed è lui stesso a calarsi in quel ruolo, quando dice “chiamiamo il politico e gli diciamo:(…)”.
E infine, se ci sono molti “là fuori” a fare uno sbaglio – posto che sia tale, applichiamo il beneficio del dubbio – questa diventa comunque una questione che interessa anche me: ha presente tutti quelli che hanno votato Berlusconi? Ecco.
October 7th, 2005 at 12:01
Quando Repubblica.it inizia a pubblicare in prima pagina le ultime barzellette del premier, come stamattina, capisci finalmente che siamo governati da un capocomico in un paese di comici. Tutti, nessuno escluso, nemmeno i giornalisti. A questo punto un comico professionista finisce anche per avere un vantaggio competitivo sui comici dilettanti della politica.