Shakespeare, Garcia Marquez, Billboard
Sarà la politica spettacolo, non so. Ma sono affascinato da questa uscita di scena di Tony Blair. Di solito i politici lasciano il posto perchè hanno perso rovinosamente le elezioni, oppure perchè una qualche legge impedisce loro di restare in carica oltre un certo numero di mandati, come capita ai presidenti americani [1]. Blair, invece, se ne va scegliendo di farlo – o quantomeno provando a far credere di essere lui quello che decide. Lascia, se non da vincente, almeno da non perdente. Con l’aureola offuscata ma non ancora buttata nel cestino: come un Lance Armstrong, che si ritira dopo aver vinto l’ennesimo Tour de France in mezzo ai sospetti di doping. E’ un’uscita non da politico, ma da personaggio dello star system, da rocker, da attore, da sportivo di alto bordo. Ma non è tutto, perchè c’è questo tocco medievale dell’investitura del delfino [2]: una cosa che solo il Re può fare, un altro modo per far capire chi è l’uomo forte. Non c’entra niente la politica, in tutto questo: è Shakespeare, è Garcia Marquez, è Billboard. Sono affascinato, l’ho già scritto, vero?
[1] Cosa che non permette a Bill Clinton di restare in sella, Lewinski o non Lewinski. Ma che fa sì che George Bush il Giovane possa presto dedicarsi ad una splendida carriera di ben retribuito gaffeur. Un onorevole pareggio, direi.
[2] Per la cronaca, James Gordon Brown ha 56 anni. Il che dimostra, io credo, che chi ha un minimo di sale in zucca non sta a perdere tempo con i pattigenerazionali: semplicemente, sceglie il meglio che ha in casa. Nel caso specifico, quel “meglio” non sarà probabilmente sufficiente a battere il veramente-giovane David Cameron, ma è pur sempre il meglio che passa il convento.