Greetings from Chicago – 4. Come al cinema
La fregatura dell’aver conosciuto fin da piccoli l’America attraverso cinema e televisione è che si finisce per essere convinti – neanche troppo inconsciamente – di stare davanti allo schermo anche quando si è ormai a contatto fisico con l’oggetto delle nostre attenzioni. Così, lo stupore per quasi tutto – i grandi cartelloni luminosi dei teatri, le motrici degli autoarticolati, i serbatoi d’acqua sui tetti – non è generato da una qualsiasi qualità intrinseca di ciò che si osserva, ma molto più semplicemente dalla sua pura esistenza: ah, ma allora è tutto vero. Forse è per questo che non riesco a nascondere la delusione, chè all’orizzonte non si vedono sbucare nè la macchina dei Blues Brothers nè le cento pattuglie della polizia che li inseguono.
October 14th, 2007 at 09:45
Mettiti al volante ed esibisciti in qualche opportuna infrazione, può essere che come per incanto le pattuglie della polizia si materializzino (e al processo difenditi dicendo che sei sardo, hai visto mai).
October 14th, 2007 at 12:27
Non ho messaggi per i Blues Brothers, ma se hai un quarto d’ora che ti avanza vai all’Art Institute. Se non l’hanno dato in prestito, avrai la possibilità di vedere uno dei più bei quadri del ‘900 e cioè Nighthawks di Edward Hopper, nonché dei bei Van Gaag (cit.) e un fantastico Caillebotte. Il museo, insomma, merita davvero una vista. Ah, che invidia….