Lo sputo e il the
Il fatto non è che “Sanremo è Sanremo”, qualunque cosa questo significhi. Anzi, il fatto è che Sanremo non è più Sanremo da un sacco di tempo, come ricorda – per la millesima volta – Michele Serra.
Così, per provare a restare a galla, questa grande festa paesana deve snaturarsi rimanendo se stessa. Deve gridare “yo!”, essere glamour e cool, essere “moderna” come lo era Warhol nel 1965, ma deve anche far sentire a loro agio i provinciali in doppiopetto e le matrone che si ricordano di Caterina Caselli. Deve scioccare e rassicurare, sputare in faccia e offrire il the con i biscottini.
Personalmente, dubito che questo esercizio di supremo equilibrismo sia possibile. Il che fa riflettere: non tanto su Sanremo, quanto sulle mille altre situazioni della vita sociale – certo più importanti – nelle quali la società stessa si spezza irreparabilmente in gruppi che hanno interessi e bisogni del tutto inconciliabili ma che, nonostante ciò, si tenta in ogni modo di tenere insieme, in uno sforzo costante e titanico di trovare un compromesso per tutto e per tutti. Sanremo non è più Sanremo, ma l’Italia è Sanremo ogni giorno.