Gruesse aus Vaduz
Non è che avessi pianificato di andare a Vaduz, ecco. Mi toccava San Gallo, dove sono arrivato, ho parcheggiato davanti al palazzo nel quale dovevo entrare, ho fatto i miei centocinquanta minuti di riunione, ho ripreso la macchina e me ne sono andato – se mi sentite dire “San Gallo? Sì, ci sono stato” datemi una sberla perchè non è vero, chè allora potrei dire lo stesso di Washington D.C. avendoci fatto scalo un par d’anni fa.
Comunque.
Vaduz è di strada, e mi fa simpatia l’idea di visitare un altro stato, come una specie di tacca da aggiungere alla lista. E’ ora di pranzo, la deviazione è giusto di tre o quattro chilometri, quindi mi decido ed esco dall’autostrada. Ora, non mi aspettavo chissà cosa, ma santodio, almeno – chessò – una vecchia dogana con il simbolo del Liechtenstein, qualcosa che facesse capire che si stava entrando in un paese diverso. Invece. Solo un cartello, di quelli che indicano il nome del comune oppure il cambio di una provincia: Schweiz/Vaduz: il che, a pensarci, è bizzarro, perchè uno si aspetterebbe un cartello Schweiz/Liechtenstein. E di Vaduz non saprei cosa dire, onestamente; sia perchè ci sono stato poco, sia perchè è in tutto e per tutto uguale a una qualsiasi cittadina svizzera: un piccolo castello, le banche, i ristoranti e la gente che cammina sui lati della strada anche nelle zone pedonali. Uno sta a destra del Reno ed è in Svizzera, oltrepassa il ponte ed è in Liechtenstein: non so, è come se qui in Lombardia ci fosse un Principato di Busto Arsizio, uno lo visiterebbe ma finirebbe per chiedersi cos’ha Busto Arsizio di tanto diverso rispetto a Castellanza.
Le leggi fiscali, dite voi.
Ecco, forse.