Ciò che lui aveva visto ma non aveva capito
Cliccò sul tasto “play” per l’ennesima volta consecutiva. Aveva affrontato il primo ascolto con curiosità, per sentire come quella breve storia che aveva scritto molto tempo prima, una storia che parlava di maschi, fumo e soldi poteva essere raccontata dalla voce di una donna. Nel breve arco di nemmeno due minuti, mentre le parole si snocciolavano una dietro l’altra, la sua storia si era trasformata in un’altra cosa: le voci rauche dei pensionati che avevano alzato troppo il gomito, i vestiti stazzonati, le automobili di terza mano – tutto era diventato una favola. Avvertì una sensazione strana e piacevole, come avere sei anni e tenere tra le mani il suo mangiadischi blu che suonava “Il gatto con gli stivali”. Aveva spento la luce e socchiuso gli occhi. Aveva riascoltato quella voce raccontargli ciò che lui aveva visto ma non aveva capito, lo aveva fatto una volta e poi un’altra e poi un’altra ancora. Passò tutta la sera così, al buio, ad ascoltare parole che anni prima erano state sue e ora, per fortuna, non lo erano più, e provò ad immaginarsi come sarebbe stato se quella voce fosse stata seduta lì, vicino a lui – non la avrebbe toccata, non la avrebbe nemmeno guardata, sarebbe stato tutta la notte ad ascoltarla. Per la prima volta dopo molte settimane, dormì per qualche ora.