Mentre sto leggendo le decine di targhe e lapidi commemorative che rendono una delle navate posteriori della York Minster una specie di succursale del Ministero della Difesa britannico (non so cosa è più straordinario, se l’orologio astronomico dedicato ai piloti della RAF o la lapide che ricorda un ventitreenne rapito e ucciso dai briganti greci dalle parti di Atene nel tardo Ottocento) vedo aprirsi una porta di legno nella zona chiusa al pubblico: e dalla porta escono sette o otto giovani religiosi, elegantissimi nella loro veste cremisi, che scherzano e per un momento sembrano, non fosse per l’abbigliamento, manager in libera uscita. Per un momento solo, perchè – chiusa la prima porta – ne aprono un’altra, e subito se la richiudono alle spalle: un’ambientazione cinematografica, con uno spot che illumina quell’entrata proibita a tutti tranne che a loro: loro che meno di cinque minuti dopo riempiono l’aria con un canto a cappella potente da far venire i brividi – e sono solo le prove, e sono giusto una manciata di ragazzi, e chissá perchè mi vengono in mente i Blues Brothers (“siamo in missione per conto di Dio”) e il paragone non mi pare blasfemo.