Barbarismi
Per una mezz’ora abbondante, ieri sera, ho pensato che l’intervista che Giuliano Ferrara stava rilasciando a Daria Bignardi si stava tramutando nel più potente e preciso boomerang elettorale per l’Elefantino che io mi potessi augurare. Durante quella mezz’ora ho creduto che ad ogni parola, ad ogni tamburellamento di dita, ad ogni alzata di sopracciglio corrispondesse un voto in meno. Poi ho realizzato che è la stessa cosa che penso da quindici anni a questa parte, ogni volta che sento parlare Silvio Berlusconi.
Non che avessi bisogno di conferme al riguardo, ma il disprezzo contenuto nelle parole e nel tono di voce con cui Ferrara ha apostrofato la Bignardi (“Ma dove vivi! In uno studio televisivo…”) lo hanno rivelato ancora una volta per quello che era, è e sempre sarà: uno spocchioso intellettuale di sinistra della peggior specie. Io non so se Daria Bignardi sia o meno una sciuretta della Milano dell’happy hour progressista e modaiolo: le quattro volte che l’ho incontrata di persona, per un fuggevole saluto ed una ancor più rapida stretta di mano, non me ne ha dato l’impressione – nè per atteggiamento personale nè per i luoghi nei quali ci trovavamo. Ma questo non vuol dire nulla, ovviamente. So però che ieri sera la sciuretta mi dava l’impressione di essere quella che vive nel mondo, e il Torquemada fogliante sembrava essere stato da poco estratto a forza dall’esilio nella biblioteca del monastero del “Nome della rosa”.
[Per inciso, con il senno di poi mi è dispiaciuto che alla signora Bignardi non sia venuto in mente di ribattere al suo ingombrante ospite, chiedendo dove avesse vissuto lui negli ultimi dieci o quindici anni: a me risulta in una redazione di giornale e in uno studio televisivo, ma magari mi sbaglio]
Un trascurabile effetto collaterale della tirata ferraresca sulla Milano debosciata di cui Daria Bignardi sarebbe la degna rappresentante catodica è stato quello di avermi fatto sentire, per la prima volta dopo moltissimo tempo, orgoglioso di essere milanese.
Venendo ai contenuti, finalmente ho avuto modo di sentire dalla viva voce del progettista in cosa consiste il programma della lista pro-moratoria; ma dire che io lo abbia capito sarebbe una disdicevole menzogna. Nel calderone mi pare che entrino la condanna delle pianificazioni familiari di stato in Cina, l’uso dei contraccettivi nei paesi occidentali – in primis la Francia -, l’eugenetica, gli aborti delle immigrate in Italia e Dio solo sa ancora cos’altro. Purtroppo, nella parte di discussione sul perchè le immigrate – più o meno clandestine – abortiscono, l’analisi fatta da Ferrara mi è parsa decisamente più credibile di quella fatta dalla Bignardi.
[Continua?]