E per distrarli dalle cose serie
Questa notte, mentre aspettavo di prendere sonno, mi si è parato di fronte l’uomo-torcia. Aveva i jeans, un giubbotto col collo di pelo come quello di Otto Grunf, e una cravatta verde annodata alla bell’e meglio. Col ghigno del bulletto valligiano si è avvicinato a un muro di scatoloni di cartone – un muro come quello di The Wall, solo una decina di volte più piccolo – e tutto soddisfatto gli ha dato fuoco. Poi si è messo in posa, col pollice ritto da Fonzie padano, fino a quando un paio di pompieri cooptati hanno spento il rogo che ci ha liberati dalla burocrazia.
In quel momento ho pensato che una tragedia minore ma non meno grave del nostro tempo è la quasi totale perdita del senso del ridicolo: che a volte può essere una scelta, fatta per disperazione e rabbia e frustrazione; ma più spesso sembra essere il danno collaterale di quella deriva fatta di sbracamento e confusione e ignoranza e protervia che vediamo tutti i giorni, un collasso del senso di sè, degli altri, dei ruoli, della comunità. Scanalando, in pochi secondi era possibile trovarsi di fronte a uno dei molti reality girati nel mondo del porno californiano: e nelle ragazze che compilavano il form di presentazione dichiarando di essere disposte a questa o quella pratica sessuale non c’era molta meno dignità di quanta ne mostrasse il Nerone de’ noantri, lanciafiamme in mano e vigili del fuoco al seguito.
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