Greetings from Las Vegas – 13. A distanza
A diecimila chilometri, a nove ore. Si fa una vita strana, in una settimana così. Una vita che è qui, e che è altrove. A distanza. Si lavora a distanza, parlando con i colleghi che stanno finendo la giornata mentre tu non hai ancora fatto colazione e sei sul pullman che ti porta in fiera. Si lavora di notte, in aggiunta a ciò che si è fatto di giorno qui in loco, perchè ci sono delle cose urgenti che non possono aspettare la tua mattina. Si finisce di cenare e si manda un saluto a casa, dove si preparano per andare in ufficio o a scuola. E’ come se tutto fosse diviso, e a volte raddoppiato.
E poi si scrive. Si ha voglia a dire che si scrive per se stessi. Sì, certo: lo si fa per buttare fuori, e ci sono dei momenti in cui la cosa si fa tanto urgente che lasci tutto il resto e lo fai, e scrivi. E dall’altra parte del mondo, a nove, a quattordici ore di distanza c’è qualcuno che ti legge – e soprattutto qualcuno che ti capisce: qualcuno che è come se fosse lì con te. Poi, non si può aver tutto dalla vita, e c’è chi vorresti che ti leggesse e non lo fa, o non ci si trova, o non riconosce le sue parole – o magari lo fa e non te lo fa sapere, che è invece la cosa che tu vorresti. Ma non importa, o comunque – anche se importa – vai avanti. C’è un altro giorno, qui, e altra gente da incontrare, e altre righe da scrivere.
October 14th, 2008 at 20:20
A diecimila o a seicento, la differenza la fa solo il fuso orario
Beh, no, anche le chicken wings, in effetti. (faccina)