Uscito dal ristorante, salutò la persona con cui aveva passato la serata e camminò per qualche minuto fino a raggiungere la macchina parcheggiata davanti ad un locale eritreo. Si sedette, lasciando la portiera aperta perchè faceva ancora molto caldo nonostante la stagione. Scrisse un messaggio, accese il motore e poi lo stereo. Si perse nel dedalo di vie di quella zona della città che frequentava troppo poco; mentre pensava alla strana giornata che aveva passato si trovò per caso su un lungo viale nella direzione giusta per tornare a casa e alzò il volume della musica. Passò davanti a bar, a phone center, a sexy shop, a stazioni, alzando sempre di più il volume. Mentre attendeva la luce verde di un semaforo girò gli occhi verso la macchina che gli stava a fianco, e vide una ragazza che come lui cantava e teneva il tempo battendo il pollice sul volante, e quando i loro sguardi si incrociarono entrambi si misero a ridere e fu come se fossero contenti di non essere gli unici svitati sull’intera circonvallazione e si fecero un cenno di saluto, un buona notte e buona fortuna chiunque tu sia. Si godette la lentezza e la velocità del percorso, le luci del fast food e delle stazioni di servizio, i filippini ed i peruviani alle fermate dell’autobus, had a dream, rock in usa, i will follow, perse la voce inseguendo un coro impossibile, presentò una band, si mise a ridere. Infilò la macchina nel box e rimase in silenzio, smaltendo il vino e il suono. Guardò il palmare, trovò una chiamata che non aveva sentito, shadows in the rain, living well, lesse il messaggio di chi lo aveva chiamato. Rispose, ci son cose che non ti posso dire, ti voglio bene. Scese dalla macchina.