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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

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    22/03/2010

    Il conto, su un pezzo di carta riciclata

    Filed under: — JE6 @ 12:00

    Fermo la macchina in una via fatta di asfalto sbrecciato e pozzanghere. Ho ancora un’ora di tempo, il telefono non squillerà più per il resto della sera, e ho un po’ fame. Entro nel locale, una pretenziosa pizzeria in una zona sconosciuta di una città altrettanto ignota, e chiedo un posto. Mi accompagnano; appoggio il palmare sul tavolo, mi tolgo il giubbotto. Vorrei mandare un messaggio, poi mi dico che non è il caso: “Non troppo”, mi ripeto. Ordino. Mi guardo intorno. Cinque colleghi che concludono la settimana lavorativa con una pizza, discutendo di chissà cosa; me li immagino nel loro ufficio tecnico di un’azienda manifatturiera, dalle otto di mattina alle sette di sera e novanta minuti di pausa pranzo da prendere a turno, andando a mangiare a casa un piatto di pasta preparato dalla madre che alle quattro del pomeriggio andrà a prendere i bambini all’uscita della scuola. Quattro ragazzi male assortiti, uno che sembra un serial killer elegante e uno che pare il cantante di un gruppo emo, tre bottiglie di birra da sessantasei, dieci euro per passare un paio d’ore e una Punto parcheggiata con abbastanza benzina da raggiungere un autogrill all’una di notte. Una coppia che si tiene per mano, in silenzio, lui grossissimo e lei grossa, ogni tanto si guardano negli occhi e ogni tanto si guardano in giro, ognuno puntando verso un muro diverso. Una famiglia, lui che pare un biker in pensione, lei un’impiegata statale e il ragazzo – il ragazzo avrà vent’anni e non riesco a staccare gli occhi dalla sua giacca della tuta in acetato, nera e verde. Cerco di trovare un denominatore comune a queste persone e all’aria di trash minore che si respira, mischiata al profumo di spaghetti allo scoglio a dieci euro per un minimo di due persone. Non lo trovo. In fondo non ho nemmeno molta voglia di trovarlo. Finisco la pizza. “Non troppo”, mi ripeto ancora nei due minuti durante i quali stacco il cervello. Pago, esco.
    [Dedicato ai casuali soci di una serata inattesa, Oriella e Stefano]

    21/03/2010

    Ritorni

    Filed under: — JE6 @ 09:42

    Smisero di parlare e ridere e toccarsi avvicinandosi alla città. Era stata una bella giornata, il sole e la montagna e il ristorante sulla riva del lago.
    Guardando dritta avanti a sé lei gli disse ti amo perchè tiri fuori il meglio di me, perché mi curi.
    Lui abbozzò un sorriso senza rispondere. Poi volse piano gli occhi, spostandoli dalla strada al volto di lei, e si chiese come fosse possibile fare emergere il meglio degli altri, e non riuscirci mai con se stesso, e capì che spesso la felicità è fatta da due vasi comunicanti – ciò che entra nell’uno deve per forza uscire dall’altro.

    20/03/2010

    [ ]

    Filed under: — JE6 @ 18:26

    Non ho niente da dire, ma un po’ mi dispiace lasciar morire questo posto di inedia. E allora, lettore, se vuoi fai tu.

    16/03/2010

    Assenza

    Filed under: — JE6 @ 20:02

    La vita è una botte, o una bottiglia: e i vuoti non si riempiono con le assenze. “C’è sempre” diventa la spiegazione che non si può discutere, tanto è inoppugnabile; esserci significa poter fare e dire e toccare e guardare: cosa e come, è questione di voglia e applicazione, e tutto si può aggiustare. “Non c’è mai” è la necessaria sconfitta, perchè poco importa se quel pochissimo è fatto di perle: nessuno vive mangiando solamente ostriche, ci vuole un piatto di pasta, una pizza, un cono di gelato alla crema. Sul ring si sta in due, e l’arbitro: e questo ha vita facile nel decretare il vincitore, quando l’altro non si presenta tra le corde; perché magari il solo posto dove può stare è là, quarto posto a destra della sesta fila: spettatore, in attesa di un cenno di invito.

    15/03/2010

    Prendere fiato

    Filed under: — JE6 @ 11:31

    Questo blog ha bisogno di una pausa, e se la prende. Quanto lunga, non so. Magari solo fino a domani, più probabilmente qualche giorno, per prendere fiato – che a volte uno non se ne rende conto ma sta viaggiando in apnea, e ogni tanto deve provare a tornare a galla, deve provare a prendere ossigeno.

    14/03/2010

    Ancore

    Filed under: — JE6 @ 19:18

    Le navi hanno le ancore. Non una. Due. Perché a volte una – per qualsiasi motivo – non funziona. Non scende, non si aggancia; non c’è, insomma. Ma c’è l’altra. Sempre.

    13/03/2010

    Lo spreco

    Filed under: — JE6 @ 20:25

    La coppia entra nel negozio con il passo di chi non ha fretta, e sta riempiendo un’ora di tempo ricavato chissà come tra chissà quali impegni. Lui guarda le cravatte divise per colore, le fa scorrere tra le dita come un arpista che accarezza le corde, cercando un punto di blu che non troverà e che probabilmente non gli interessa trovare. Lei chiede alla commessa se hanno un certo paio di stivali di un certo colore, e si fa accompagnare al piano superiore. Al secondo scalino volta lo sguardo verso l’uomo e gli chiede “Vieni su?”. Lui fa un mezzo sorriso e non risponde. Qualche minuto dopo slaccia i tre bottoni del cappotto e sale. La commessa sta facendo provare alla donna il terzo paio di stivali, e questo sembra essere quello giusto. La donna sorride felice, lo guarda e gli chiede “Li compriamo?”; lui, senza cambiare espressione mentre trova nella memoria quel vecchissimo soprannome, le risponde “Stellina, sono tuoi, li compri tu”. Lei per un secondo sembra rimanerci male, poi sorride ancora, dice alla commessa che gli stivali vanno bene. La commessa li guarda e chiede, senza alcun motivo “Siete fidanzati?”. Lui non risponde, lei fa un sorriso imbarazzato e dice “No, siamo solo molto amici”. Scendono la scala, lui saluta ed esce a fumare una sigaretta sul marciapiede mentre aspetta che lei paghi. Quando lo raggiunge si incamminano verso il centro della grande città, straniera a entrambi. Senza guardarla lui le chiede “Perché non hai detto che sono tuo fratello?”. Lei, senza guardarlo, risponde “Perché è un tale spreco”.

    12/03/2010

    La dura legge del gol

    Filed under: — JE6 @ 12:20

    Magari lì tra voi c’è qualche economista che mi sa spiegare se una squadra di calcio di serie A è un asset, un bene della e per la città che la ospita, una cosa che meriti le preoccupazioni e gli sforzi del sindaco in carica – perché a me, sarà che il calcio lo seguo distrattamente, questa cosa un po’ sfugge.
    Calciopro

    09/03/2010

    Sotto il portico

    Filed under: — JE6 @ 18:19

    Sono le due di notte quando, avendo rinunciato a prendere sonno, mi alzo, apro le tende e guardo fuori dalla finestra. La via, strangolata dal traffico dall’alba a sera inoltrata, è vuota e muta. Giusto una macchina e uno scooter parcheggiati. In un angolo del lungo portico che costeggia la stazione un corpo si gira sotto una grossa coperta rosa. In un altro anfratto, tre persone spostano cartoni e stracci e scatole. Qualche ora fa faceva freddo, provo a immaginare quanto possa esserlo adesso. Finalmente trovano un accordo sulla sistemazione comune. Torno a letto, scrivo una decina di righe; penso che qui dentro dovrebbero regolare meglio il termostato.

    07/03/2010

    Istinto

    Filed under: — JE6 @ 20:35

    Leggendo l’intervista a Gustavo Zagrebelsky mi chiedevo se chi sta massacrando a puntino le basi della democrazia – quella che abbiamo conosciuto, quella che ci hanno fatto studiare – lo stia facendo seguendo un piano preciso, un pensiero articolato, una linea teorica che si trasforma in coerente azione pratica; oppure se lo stia facendo seguendo l’istinto, una specie di idea primordiale di come debbano andare le cose della vita sociale. Un’opinione precisa non ce l’ho, ma temo che la seconda opzione sia quella più probabile – e in fondo quella più terrificante.
    Repubblica