Greetings from Las Vegas – 2. Slot machines
Ci sono due presenze costanti, a Las Vegas. Le slot machines, e le tette. Ma di queste, magari, si parlerà dopo. Le slot machines, dunque. Sono la prima cosa che si incontra, a Las Vegas. Letteralmente: appena finito il corridoio del finger che collega l’aereo al terminal ci sono le slot machines. Uno arriva a Las Vegas e può giocare; in alternativa, uno lascia Las Vegas è l’ultima cosa che può fare è giocare. L’aeroporto è pieno di slot machines. L’enorme area dove si ritirano i bagagli è piena di slot machines. Ce ne sono a decine di migliaia, ogni albergo ha il suo casinò, ogni casinò ne ha dentro di ogni tipo e in quantità spropositata. Non esiste un tipo umano standard che la frequenti: gioca chiunque. Non si può descrivere “chiunque”. L’umanità intera gioca, basta essere maggiorenni e avere soldi. Un esercito di automi, che battono compulsivamente su uno dei tasti disponibili, gli occhi fissi sullo schermo: c’è chi ha lo sguardo annoiato, chi ce l’ha deluso, chi si capisce che ci spera, chi invece lo sta facendo per dovere – sei a Vegas, devi giocare. Wheel of fortune, Big jackpot, Win a chopper. Luci, colori, figure, thump-thump-thump. Ogni tanto qualcuno vince; qualche decina di dollari, ed è un high five dato al vicino. Oggi però ho visto una signora, la classica signora che partecipa ad una gita organizzata, la donna meno Vegas-style che si possa immaginare – anche una suora sarebbe più in target, se non altro nel ruolo di salvatrice di anime perse – vincere diecimila dollari. Diecimila. Nessuna cascata di monete, ma diecimila bigliettoni. Si è fatto il capannello intorno, amici, curiosi, tutti a congratularsi. Lei non riusciva a crederci, si è quasi messa a piangere per l’emozione. In quel momento ho pensato che quella era la vera essenza di questo posto, che in quella scena c’era tutto: si può vincere a Las Vegas, è raro che succeda ma si può vincere, adesso c’erano decine di persone che lo avevano visto con i loro occhi, che lo avrebbero raccontato così come sto facendo io adesso e che avrebbero alimentato ancora di più – se mai ce ne fosse stato bisogno – il fuoco della speranza, la speranza che la fortuna ci arrida almeno una volta. Luci, colori, figure, thump-thump-thump.