Quattro chiacchiere con amici, ieri sera.
Parlando di un comune conoscente, viene fuori l’espressione “piccolo borghese”, usata in senso critico – e sia chiaro che si tratta di un eufemismo.
Rimango in silenzio, sia perchè ho un’altra opinione – meno critica, appunto – nei confronti di questa persona, sia perchè provo un certo disorientamento rispetto alle parole.
Dove sta il problema? mi chiedo. Nell’essere borghese? Senza addentrarmi in dissertazioni sociologiche, penso che in fondo siamo tutti borghesi, oggi. Oddio, tutti no: ma molti sì. C’è qualcosa di male nell’essere borghese, nel far parte di quel ceto medio che è l’ossatura di tutte le società occidentali? A me non pare, ma forse mi sbaglio.
Oppure il problema sta nel primo aggettivo, quel “piccolo” al quale mi sembra venga dato il significato di “meschino, vile, egoista, pauroso”? Forse; personalmente, mi parrebbe anche più sensato, se non fosse che – se quello è il senso che si vuole davvero dare al termine – il suo accostamento con l’aggettivo (o sostantivo, in questo caso?) “borghese” mette in piedi una generalizzazione che è capace di descrivere il nostro mondo tanto quanto i famosi stili di vita Eurisko: poco.
Insomma, continuo a rimanermene in silenzio. Sarà che, senza considerarmi meschino e vile, mi sento piccolo borghese anch’io.