Quello che te ne resta
Oggi ho trovato una frase, scritta da Riccardo Staglianò nel suo contributo settimanale a una delle migliori newsletter fra quelle che riesco a leggere. Staglianò spiega perché da quasi dieci anni legge quasi unicamente su Kindle; dà una spiegazione che sembra tecnica (ha a che fare con il modo in cui riesce a evidenziare e archiviare tutte le sottolineature in un unico grande archivio che poi si spulcia a piacimento quando gli serve o quando, semplicemente, ha voglia) ma non lo è. Quelle parole che ha messo da parte sono il supremo estratto delle sue letture, sono le cose per lui veramente importanti e “alla fine i libri sono quello che te ne resta, o no?“.
Questa piccolissima frase, queste dodici parole che per me sono verissime (sarà che leggendole insieme al resto dell’articolo mi pareva di stare di fronte allo specchio, in tutto e per tutto) mi hanno fatto venire in mente un’altra frase, quella che da diciotto anni accompagna questo blog, presa dall’autobiografia di Gabriel Garcia Marquez, uno di quei quattro, cinque scrittori che forse non mi hanno cambiato la vita ma l’hanno accompagnata per un tempo lunghissimo e non ancora finito: “La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla“. La scelsi perché mi sembrava perfetta: esatta e vera. Lo penso ancora, e più passa il tempo e invecchio e accumulo e più me ne convinco: persone, posti, azioni, cose successe, sensazioni provate, libri: alla fine c’è quello che ti è rimasto, quello che ti ricordi e ti si è stampato dentro in qualche punto che non sai nemmeno bene dov’è ma non importa perché la vita è quella; il resto c’è stato ed è stato importante, ma non così tanto, delle mille pagine attraverso le quali sei passato sono rimaste sette righe, quelle importanti per te, quelle che hai sottolineato e messo da parte, quelle che si sono evidenziate da sole e infilate in quell’angolo del portafogli dove tieni le cose dalle quali non ti vuoi dividere mai.