Running, standing still
“B. è entrata in azienda quando aveva quattordici anni” mi dicono mentre beviamo alla salute di questo donnino fatto di acciaio che oggi va in pensione. Faccio quattro conti veloci, parliamo di circa quarantacinque anni fa. Faccio anche il conto di quante aziende ho cambiato io in un lasso di tempo certamente molto più corto: otto. Tante, poche? Non lo so. Una, una sola, quella è poco di sicuro mi dico. Poi penso a dove ho vissuto: sempre nello stesso posto, case diverse ma tutte concentrate in meno di tre chilometri quadrati. Tanto, poco? Non lo so. Non ho mai provato il bisogno di andarmene: forse perché il mondo l’ho girato lo stesso, un po’ per fortuna e un po’ per tigna. Sarei stato diverso se una sliding door di venti anni fa mi avesse portato in un altro paese, come sembrava non solo possibile ma quasi certo? Sì, sicuramente. Ma di gente che ha riempito la mappa di bandierine senza dare la sensazione di avercene guadagnato ne conosco, e allora chissà, forse la verità è che non c’è una regola, non ce n’è una che valga per tutti o almeno quasi, e che forse, al nocciolo, la vita di B. e la mia non sono così diverse.