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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
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    27/03/2019

    Voci

    Filed under: — JE6 @ 17:36

    Non so se siete mai stati in un carcere. Io sì, due o tre volte (tre, per la precisione): non da recluso, ma sì, ci sono stato. E’ una cosa che mi è rimasta dentro. Sarà per quello che da quando me l’hanno consigliato sono andato in fissa con un podcast che viene prodotto nel carcere di San Quentin in California. Si chiama Ear Hustle, che nello slang delle prigioni americane significa qualcosa come origliare, ascoltare di nascosto. Le storie sono incredibilmente semplici, perché la vita dentro il carcere è (o sembra) una specie di versione base, senza optional, di quella che si fa fuori: dove vai a sederti la prima volta che entri nel refettorio, cosa significa sentire il trillo di un uccello, l’attesa della prossima visita di tua moglie o tuo fratello e il senso di vuoto al suo termine, cose così. Sono semplici: e potentissime, un po’ per questo andare al nocciolo di qualcosa che è comune a chiunque stia al mondo, un po’ per le voci.

    Perché un podcast è fatto di quello: suoni, e soprattutto voci. Niente immagini, pochissime musiche. Voci, persone che parlano. Una, soprattutto: quella di Earlonne Woods, che è il co-autore e co-host del podcast. Earlonne è* un inmate, un carcerato, condannato a un minimo di 31 anni di carcere che possono tranquillamente trasformarsi in ergastolo (come se non fossero più o meno la stessa cosa). All’inizio di ogni puntata si presenta, dice mi chiamo così, questa è la mia pena, mi è stata data perché ho fatto questo e quest’altro, e adesso iniziamo. Non c’è una voce di Ear Hustle che non valga la pena ascoltare: quelle limpide, quelle roche, quelle strascicate, quelle che hanno eliminato le consonanti, e per ognuna ti puoi immaginare l’uomo che gli dà corpo – il nero, il latino, il giovane, il marito, il bianco, il calvo, il magro, quello che è entrato così tanto tempo fa da poter dire di aver passato la vita intera in prigione senza mentire. Ma la voce di Earlonne è un’altra cosa. E’ piena, calda, ironica e autoironica, piena di compassione e senza un briciolo di autocompatimento, e quando ride – e lo fa spesso, molto più spesso di quanto uno si potrebbe aspettare da un recluso a (quasi) vita – ti sembra di averlo lì seduto sul sedile a fianco che guarda fuori dal finestrino: vivo, e pieno, e consapevole. Dopo qualche giorno e qualche puntata mi sono fatto forza e sono andato a cercare le sue foto, volevo vedere che faccia aveva quest’uomo che mi stava facendo compagnia dall’altra parte del mondo. E niente, come dire: ho visto la sua voce.

    *Era: ma questa è un’altra storia.

    26/03/2019

    Supereroi

    Filed under: — JE6 @ 12:43

    E così abbiamo capito cosa dovranno fare i ragazzini, nati nel nostro paese ma figli di immigrati, per avere la possibilità di ricevere la cittadinanza alla quale avrebbero diritto per il solo e semplice fatto di stare al mondo ed esserci arrivati per caso in quei trecentomila chilometri quadrati che vanno dalle Alpi a Lampedusa: i supereroi. In fondo è semplice: basterà salvare cinquanta compagni di scuola da un pazzo furioso che li vuole ardere vivi in uno scuolabus, o in alternativa – chessò – sventare senza armi un sequestro di persona, far evacuare disciplinatamente un edificio lesionato in procinto di crollare, scavare a mani nude fra le macerie e salvare un’ottuagenaria bergamasca sepolta dopo un terremoto, il tutto avendo nove anni e la merendina ancora incartata nella cartella. E’ affascinante questa immagine di uno Stato che dispensa favori invece di garantire diritti: per coerenza ci sarebbe ora da aspettarsi che uno nato a Milano come il sottoscritto venga nominato PresDelCons in virtù di un qualsiasi atto tanto eroico quanto casuale abbia modo di compiere, in fondo essere la persona giusta al momento giusto è una dote da premiare.

    (Vogliamo poi commentare il “togliamo la cittadinanza al pazzo attentatore”, una cosa che per evitare il ridicolo basterebbe non dico un bigino ma almeno il non essere cascati da bambini in un calderone di ignoranza, un po’ come Obelix con la pozione magica del druido? Che poi, quasi quasi: ad applicarla con metodo e tigna sarebbe una misura che svuoterebbe il nostro paese al punto da rendere l’immigrazione indiscriminata una manna che persino il ministro degli interni implorerebbe al suo cielo con ogni stilla di forza residua)

    18/03/2019

    A vent’anni si è stupidi davvero

    Filed under: — JE6 @ 17:29

    Figurati se non ho nostalgia dei miei sedici e diciotto e vent’anni; non che me li ricordi benissimo o, per essere più preciso, non che mi fidi moltissimo né dei miei ricordi né di quelli dei miei coetanei. Ma se non altro c’era una vita davanti e la legittima illusione che con un po’ di culo le sorti potevano essere davvero magnifiche e progressive, o qualcosa di simile. E quindi figurati se non invidio Greta e Miriam e tutti gli altri che sono andati in piazza almeno per quel motivo lì e per la fiducia e la rabbia e l’energia. Ma va detto che, grazie a Dio, non si diventa adulti e poi anziani per nulla: e se è vero che ci si imbolsisce e si diventa più cinici ed egoisti è anche vero che, se non si è buttato via il tempo che si è vissuto, si arriva a una certa età sapendone di più di quando ci si preparava per la maturità. Ed è per questo che se da una parte è giusto dargli una mano, sostenerli e aiutarli (o almeno non mettersi di traverso) come i genitori fanno con i figli dall’altra è ancora più giusto fare quel che siamo e dobbiamo essere: adulti che, volenti o nolenti, spesso ne sanno di più dei ragazzi, per quanto questo sia seccante; gente che, usando onestamente intelligenza ed esperienza, sa far notare a Greta e Miriam e tutti gli altri che sono andati in piazza i punti deboli delle loro posizioni: non per dire “io sono meglio”, ma per aiutarli a essere migliori. Di noi, ma anche – e soprattutto – di loro stessi.